Di nuovo sulla Risacca

Avere la virtù di vivere conformemente. Più o meno cosí riportano i manuali e i libri di testo nelle nostre scuole alla voce aretê (άρετή).

Ma vita e conformismo finiscono in questo modo per ridursi al “nostro” modo di vivere e di intendere l’essere conformi.

Aretê è invece la virtù dello homologoumenôs zein. Essere animati (ζειν) dallo stesso paradigma di pensiero (λόγος).

Per i greci essere animati significa prima di tutto essere spiriti incarnati, anime che prendono corpo, elementi divini nella dimensione terrena.

Essere animati, ovvero essere viventi; che in greco non si dice in maniera additiva ma, per sottrazione, essere mortali. Coloro che sono vivi si definiscono i mortali, in contrapposizione ai morti e ai mai stati vivi, che sono dunque immortali, o divini.

La virtù sta quindi nell’essere mortali animati dallo stesso modo di pensare. E fin qui ancora sembra un appiattimento. Da questa virtù, in tal modo, resterebbero fuori le menti brillanti e geniali, e non solo i pazzi e gli idioti.

Ma questo stesso modo di pensare non è un’opzione tra le tante tra le quali scegliere. È piuttosto il solo modo di pensare, quell’unico modo di pensare per davvero, che si distingue da tutti gli altri modi che si autoconsiderano pensieri ma in verità non hanno la dignità per questa definizione.

Il lógos (λόγος) infatti non è una modalità tra le tante possibili, ma è la sola modalità autentica, quella che se conosciuta avvicina all’immortalità. Pensare non è una cosa da tutti alla quale ci si trova omologati, ma un obbiettivo, un télos (τέλος).

Pensare è mettersi a distanza da se stessi (cfr. Kant citato da Arendt) e dall’essere viventi, nel pensare la vita come tappa di un eterno viaggio celeste. La vita come pit stop dell’anima in circuito (ψυχοδρομα), stazione del pellegrinaggio dello spirito.

Vivere confermemente agli altri significa vivere nello stesso spirito. E non c’è, in ultima istanza, uno spirito da scegliere tra tante modalità. Non ci sono modalità spirituali; c’è da scegliere se 1) vivere la vita come se fosse tutta quanta la verità che abbiamo, versus 2) vivere nella consapevolezza che la condizione carnale, il corpo fisico, passa, mentre l’anima resta.

La fisicità è una forma transitoria. L’anima prende corpo (effimero) nel concepimento e l’anima molla il corpo nella morte.

Essere crudeli per ragioni materiali legate alla nostra condizione fisica non ha alcun senso. Non c’è niente di buono nel positivismo. La plastica, il motore meccanico, l’elettronica, ci porteranno qualcosa in dono che ci servirà anche quando non saremo più qui ? La risposta va ribaltata una seconda volta. Dobbiamo imparare a pensare e riportare le nostre scoperte a funzionare come strumenti per migliorare le condizioni dello spirito; e non diventarne schiavi.

Questa è la mia lettera di oggi. I greci e Heidegger sembrano qui cosí vicini a voi, al sapere che avete trovato in India. È il mio modo per dirvi con parole occidentali che anche nelle nostre radici europee il pensiero autentico c’è già da sempre. Lo spirito purtroppo a volte s’inviluppa e finisce nascosto nelle pieghe delle sue stesse onde. Il lógos non si mostra, ma c’è, nella risacca, e come un surfista a un certo punto sorte fuori.

Q

uesto è il pensiero di mezzo, che ho creato per me e per voi. Il pensiero della risacca, cosí l’ho chiamato. Dove per andare avanti bisogna muoversi di lato. Dove tra noi e il cielo soverchia l’oceano con tutta la sua forza. Dove il tempo passa come l’onda, tornando su se stesso. Dove quel che conta rimane nascosto.

________2020.03.10 ©AMDP

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