[…] (nel far qualunque cosa) né Principe, né Repubblica, né Capitano, né Cittadino, che agli esempi degli antichi ricorra. Il che mi persuado che nasca non tanto dalla debolezza nella quale la presente educazione ha condotto il Mondo, o da quel male che uno ambizioso ozio ha fatto a molte provincie e città cristiane, quanto dal non avere vera cognizione delle istorie, per non trarne , leggendole, quel senso, nè gustare di loro quel sapore che le hanno in se. Donde nasce che infiniti, che leggono, pigliano piacere di udire quella varietà delli accidenti che in esse si contengono senza pensare altrimente d’imitarle, giudicando la imitazione non solo difficile, ma impossibile; come se il cielo, il sole, gli elementi , gli uomini fossero variati di moto, di ordine e di potenza, da quello ch’egli erano anticamente. Volendo pertanto trarre gli uomini di questo errore, ho giudicato necessario scrivere sopra tutti quelli libri di Tito Livio che dalla malignità de’ tempi non ci sono stati interrotti, quello che io secondo le antiche e moderne cose giudicherò esser necessario per maggiore intelligenza d’essi, acciocché coloro che questi miei discorsi leggeranno possino trarne quella utilità, per la quale si debbe ricercare la cognizione della Istoria. E benché questa impresa sia difficile nondimeno aiutato da coloro che mi hanno, ad entrare sotto a questo peso, confortato, credo portarlo in modo che ad un altro resterà breve cammino a condurlo al luogo destinato.
______________________________
tratto dai:
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Volume 1
di Niccolo Machiavelli
Anno MDXXXI