“[…] Durante la guardia di notte, certi cinici vecchi marinai vi si calano e raggomitolano dentro per farvi un sonnellino. Quando si è dietro a strofinarle, uno per marmitta, a fianco a fianco, molte comunicazioni confidenziali vengono scambiate al disopra degli orli di ferro. È anche un luogo per le profonde meditazioni matematiche. Fu nella marmitta di sinistra del «Pequod», mentre la steatite mi girava intorno solerte, che per la prima volta mi colpì il fatto notevole che, in geometria, tutti i corpi che scivolano giù per il cicloide, ad esempio la mia steatite, da qualunque punto discendano impiegano sempre lo stesso tempo.”
Cosí Melville descrive la raffineria della nave baleniera. Cosa c’entra con la geometria delle curve trascendentali? E cosa c’entra con la geometria in quanto trascendenza? E infine, cosa c’entrano la Conchiglia e il Camaleonte?
La morte.
La morte è quello spiacevole evento a causa del quale non si riesce a finire l’ultimo libro che stavamo leggendo.
Morire senza aver mai guardato il Trono di Spade, Amici di Maria de Filippi, o senza aver letto Moby Dick (a parte le poche righe di geometria sopra citate).
Cosí morí Leonard Zelig. Senza rinnegare la sua prima grande menzogna, quella raccontata al liceo ai compagni che parlavano di Moby Dick, che lui, che non lo aveva letto, dovette fingere, non solo di averlo letto eccome, ma che gli era pure piaciuto un sacco.
Questo capolavoro di Woody Allen è stato totalmente frainteso da tutti i critici cinematografici. Tutti vedono in questo film una lezione anticonformista. Ma non mi pare proprio che lo sia. Secondo me questa storia non parla di conformismo, ma di amore incondizionato.
Campeggiava sulle pareti del Dipartimento di Filosofia trent’anni or sono una strana poesia.
Titolo: Il gioco della verità. Verso unico: Io sono uguale a te.
Poco più sotto un altro foglio A4 riportava un testo di R. D. Laing che diceva:
“Stanno giocando a un gioco. Loro non sanno che stanno giocando a un gioco”.
“Loro” sono i compagni di liceo di Zelig. Il gioco al quale inconsapevolmente giocano è quello della verità. Leonard assume il gioco ad esistenza, come essenza di vita e unico filo conduttore. Il Self junghiano svanisce per trasformarsi in Absolute Other. L’Altro Assoluto.
Io sono uguale a te, il mio ego è il tuo. In termini marxisti si realizza una sorta di comunismo ontologico.
Paradossalmente però, Zelig non perde la sua identità in questo gioco dell’essere l’altro. Perché ne esce come un eroe. Il conformismo, ovvero la patologia che nel 2007 la psicologa Conchiglia definí in qualche modo come sindrome di Zelig, non c’entra con Zelig.
Zelig non è conformista. Primo perché lui non imita l’altro, lui è l’altro. Poi, perché il conformista seleziona pezzi da fare propri e ritagliarsi una propria definita microscopica ma salda identità; mentre Zelig è olistico, lui raccoglie democraticamente l’universo in sé, senza selezionare, senza scegliere. Non esclude, ma tutto include. Non c’è pregiudizio, che invece è uno dei vizi più evidenti nel conformismo.
Il Camaleonte della Conchiglia non trascende mai.
È una bestia dell’immanenza.
Il conformista impersonifica il materialismo, il suo spirito è azzerato. Zelig invece è pura trascendenza, egli diventa l’altro proprio come Zeus diventava altro. Lo diventava perché lo era già in potenza. Zelig è potenza assoluta.
In lui si nasconde il segreto dell’identità totale. Il punto in cui si raccoglie tutto il molteplice e si azzera la differenza.
L’Uno pitagorico, platonico.
Come il punto più basso di un emisferoide concavo dove tutto giunge tutto insieme senza distinguere da che parte venga e da quanto lontano.
Nello stesso tempo qui si azzera ogni distanza.

