Nell’estate del ’96 vendetti la mia Polo rossa col tettuccio apribile. Mi servivano un sacco di soldi per un ambizioso progetto che avevo in mente. Scrivere un romanzo sull’Australia mischiando Le Vie dei Canti di Chatwin con Donne di Bukowski.
Era un periodo particolare della mia vita. Erano quegli anni, tra il ’95 e il’ 98 in cui ebbi le mie sole esperienze con certe sostanze, dalle quali confesso che feci un po’ di fatica ad uscirne fuori. Non fu tanto difficile smettere, quanto ricominciare a vivere bene nei lunghi mesi bui che ne seguirono. Non mi pento di averlo fatto. Anche se riconosco che il gioco non valse la candela.
Per scrivere dell’Australia dovevo partire, andarci, svernarci. Non è scientificamente corretto parlare di svernamento, dato che quando qui è inverno lí è estate.
Qantas da Roma, scalo a Bangkok e a Cairns, poi arrivo a Brisbane. Lí ad aspettarci mio cugino Antonio al quale avevo portato una sorpresina dall’Elba: sua mamma.
Ma dell’Australia e le sue aussie rules parlerò altrove. Qui è dell’estate precedente che voglio raccontare. Di quando, venduta la mia VW prendevo a prestito la Regata Weekend di mio padre, la stessa auto con la quale Gió Pomodoro scorrazzava per le strade dell’isola l’estate precedente.
Mio padre – il Mi’ Babbo – amava molto la musica popolare, i canti anarchici, i cantautori “ironici”. Aveva poche cassette per lo stereo in macchina. Tra queste quell’estate una di Celentano, una compilation di grunge fatta da me, e una consumatissima dagli ascolti, che a memoria non ricordavo come s’intitolasse, per cui sono dovuto andare a cercare nel web.
Era Come un Cartone Animato di Faletti. C’erano diverse canzoni esilaranti, ma forse quella che mi piaceva di più era Le Fatiche d’Ercole, che sapevo a memoria e cantavo guidando a squarciagola.
Sembrerà incredibile, ma oggi non si riesce ad ascoltare. Non l’ho trovata né su YouTube né su Spotify. Sembra sia una specie di esclusiva di Amazon Music, ennesimo servizio a pagamento, al quale non mi abbono per principi miei che non vi sto a spiegare.
Ancora più incredibilmente, non sono riuscito a trovare neanche il testo. Ho cercato dappertutto senza successo. Eppure non sono proprio quello che si dice un novellino del web. Boh ? Avrò cercato male.
Le fatiche d’Ercole, le fatiche d’Ercole, lui le ha fatte e solo lo sa. Questo è tutto quello che ricordo. Ercole avrà avuto forse trent’anni. Boh ?
Venticinque ne sono passati dall’uscita di quel disco. Ercole avrà avuto trent’anni, ora avrebbe più o meno la mia età. E Giorgio Faletti, invece, qualcuno di più.
Ma la sua memoria è viva. In questi giorni l’ho sentito nominare da Giannino, un famoso pianobar, e al Film Festival dei corti. E tra gente che lo aveva conosciuto ed amato, come mio padre – il Mi’ Babbo, che non c’è più, ed io, che pure passo più tempo nell’aldilà che qui.
Senza poter più nemmeno riascoltare quella canzone, che ogni tanto ancora oggi mi sorprendo intento a canticchiare. Le fatiche d’Ercole lui le ha fatte e solo lo sa.