Le ultime parole di Alessandro Magno

PERDICCA, CRATERO, E IL DIVINO FIUME.

Un articolo, che ho appena letto, racconta (in inglese) la Storia dell’Occidente nella seconda metà del IV secolo a.C.
Da un punto di vista militare della “globalizzazione” della Grecità per mezzo delle conquiste di Alessandro.
Narra di come nel primo pomeriggio dell’11 giugno del 323, Alessandro malato finisse i suoi giorni esalando l’ultimo respiro a Babilonia. Il cerchio lasciato aperto dai Sumeri prima, e dagli Accadici (e gli Ittiti) poi sembrava chiuso. Dall’Indo al Nilo una lingua riuniva i popoli dopo Babele. Era stato malato per diversi giorni e aveva dato il suo anello a una delle sue sette guardie del corpo (meglio sarebbe chiamarli Generali… Ministri…). I σωματοφυλοι (pron. sómatòfüli) erano i guardiani/osservatori della persona fisica, per lo spirito ci guardavano gli dèi. Perdicca, era un orestide, – quasi dodonese insomma, o dodoniano, e sapete quanto nei miei racconti ricorra Dodona con i Pelasgi e le Querce Animate. Stavamo dicendo, di Perdicca. Mentre Alessandro moriva lui era lì, accanto a lui. Vicino al suo corpo, che avrebbe doppiamente dovuto guardare una volta che anche la ΨΥΧΉ (pron. PSÜCHI col ci-acca strascicato un po’ all’olandese o alla tedesca, la umlaut sulla u serve per la stessa ragione, anche se molto più vicina ad una i di quanto non risultino esserlo oggi la u francese o tedesca con dieresi). Chiusa questa lunga parentesi spirituale e linguistica, dicevamo che Perdicca era al capezzale del Magno, e ovviamente era solo a lui e non ad altri che il morituro prossimo poteva lasciare testamento. Le ultime parole di Alessandro furono la didascalia di un suo gesto simbolico. Dette in mano a Perdicca (in greco e in inglese con la esse finale) il suo Anello, il simbolo della grecità globalizzantesi, che stava al dito del Monarca. E fu il suo Chiliarca (Gen. Min., supra) Perdicca a riceverlo. Ma nel consegnarglielo il Grande Re disse, con un sublime doppio legame (double bind) semantico – un doppio senso “mitico”, così lo chiamiamo parlando tra amici tutti noi – descrisse il dono “imperiale” con una parola sola: ΚΡΑΤΙΣΤΌΙ (pron. Cratistî). Che può voler dire “quest’anello è PER CRATERO”, ma significa anche “questo va A CHI LO MERITA”. Questo doppio senso dell’ultima volontà di Alessandro cambierà la storia del mondo. In realtà, non è mai stato risolto. E forse era proprio Alessandro stesso, ad aver voluto la propria grandezza impedendo a chiunque altro di essere Magnum e quindi Unicum come SOLO LUI.

Ho tentato di regalarvi una storia perché raccontare storie è la cosa più bella che mi possa capitare di fare, per questo spero anche di farlo al meglio, e mi fa rimanere male quando queste storie in esclusiva per il web, rimangono mai nate, se non le leggete e non mi dite “grazie”.

Giacché non sono pagato per farlo, riconoscetemi almeno il tempo che ho dedicato a scrivere, tra l’altro usando solo l’indice che colpisce (tapping) il vetro di questo aggeggino cinese. Grazie almeno per il dito…

IL DIVINO FIUME
(Perdicca, seconda parte)

E così, vi ho raccontato di Perdicca e dell’Anello. Non vi ho detto però del fiume. Che cosa c’entra il fiume? Tutto. Innanzitutto partiamo dalla fine. Alcuni raccontano che Perdicca sia morto PER non essere riuscito a traversare il fiume. È proprio quel PER che – ancora una volta – segna nella vita di Perdicca un DOUBLE BIND. Perdicca è morto proprio perché il suo corpo è stato inghiottito dal Nilo, oppure è stato ucciso nella tenda con un agguato da parte dei suoi Gen. Min., in quanto, come condottiero, aveva il compito di proteggere il proprio esercito e la propria gente (un po’ come sapete per Mosè) durante l’attraversamento di qualsiasi fiume o mare. E ci ritroviamo ancora una volta a parlare di #acqua.
L’Elemento Divino, la linfa vitale del Pianeta, il Rapporto Psicosomatico per eccellenza, della Mente dell’Acqua a “guardia” del Corpo della Terra. Così il Re, che era anche “Papa” ante litteram, capo dei corpi ed estensione dello spirito, incarnazione della sua Cultura e del suo Genio, quindi Uomo più vicino al Divino e in linea col Destino.
La Mente più Brillante, la luce del sapere dell’origine, il traino della stirpe, e nel caso specifico: la Scuola Aristotelica. Vedete come Pensiero e Potere, Filosofia e Nobiltà, Scienza e Impero, non fossero separati. Ma ancora una volta lascio che lo spirito attraverso il tempo si manifesti con parole che paiono tergiversare senza mai arrivare a parlare di quanto promesso nel titolo, ovvero di Perdicca e il Divino Fiume. In realtà questo testo rispecchia un pensiero i cui tratti rivelano le sagome di tutto quel che sta attorno al significato del titolo come nel giochino dei puntini numerati su certe riviste di enigmistica. Perdicca, dagli Orestidi, quasi dodonese, in una zona di laghi e fiumi, per un fiume intraprende la sua carriera, e per un altro fiume la compie. Ucciso DAL Nilo, oppure PER non essere riuscito a passarlo nemmeno al terzo tentativo, quindi LONTANO dall’Elemento Divino, dalla Vita in Terra. Perdicca portò male. E non fu ucciso perché non meritasse la vita, né per punizione. Fu ucciso perché la sua Quantità+Qualità, ovvero la sua Magnitudo, si era svalutata a causa del fallimento dell’impresa, in quanto l’ impresa dell’acqua se fallisce fa venir giù tutto il castello. Le pietre o le carte, od entrambe. Il crollo – come dite voi – dell’IMMAGINE. Un’iconoclastia della scienza. Crolla un mito, crolla tutto il paradigma. Puoi fallire in tutto, ma non nell’essenziale. Talete avrebbe cancellato il nome di Perdicca dai libri, se solo fosse vissuto appena quattro secoli dopo. Ma noi abbiamo RITROVATORUM i vari DE PERDITORUM FRAGMENTA e alcuni storici greci e tolomei (ptolemaici, tolemaici, ecc.). E poi ci sono io che ci metto tutto me stesso, al servizio dello spirito, per farvele arrivare, queste storie.

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APPENDICE

Lo Pneuma di Cirino (2019)

Per Cratero, per chi lo merita, o per fissare per sempre, col sigillo, la chiusura del cerchio, l’anello.

Non l’anello come lo immaginiamo, ma il riferimento simbolico. L’orbita dell’ente, la gravità dell’essere. L’orbita che a un certo punto stringe e piano piano converge al centro, verso il proprio nucleo orbitale.

La chiusura spiralidea dell’anello e del cerchio. Il raggio assente che come conchiglia di Fibonacci si dipana.

Il ricongiungimento all’essenza vuota del proprio corpo celeste. Il passaggio ctonio verso urano ed oltre, “iper” uranio.
Il disasservimento finale dallo enslaving principle. La decomposizione, la cenere che resta e la polvere di stelle che si diventa.

Come pneumatici che da battistrada dopo morti si fanno parabordi per le navi – cotti da una luce siderale – diventiamo simboli di protezione, santi, divini.

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