Was heißt Denken?
(è un testo del 1968)
UNA SORTA DI REVIEW
Cosa significa pensare? Cosa chiama a pensare? Cosa richiama il pensare?
Il pensare come significato, azione indicata, segno fatto.
Il pensare come significante, che fa segno, indica l’azione.
Una voce da lontano che invita a pensare, una voce che non è la nostra. Essa invoca il pensare in noi. Una voce che ci invita a farci da parte per lasciarsi attraversare dal pensare.
Una voce inaudita, fatta di silenzio, è la voce del pensare stesso, che sentiamo dirci “lasciami passare”.
Rinunciare a se stessi in termini di interessi personali e mettersi al servizio del pensare meditativo. Abbandonare i ragionamenti da calcolatori e lasciare che a comandare la ragione e le nostre ragioni sia piuttosto una grande ragione che non ci appartiene, una ragione della quale non possiamo appropriarci, in quanto è essa a possedere noi. Non una logica alla quale obbedire, ma la madre di tutte le possibili logiche, e delle possibili matematiche e geometrie, che questo stesso pensare che ci precede, anteriore a ciascuna mente, inesauribilmente modella e di se stesso a piccole dosi ci pervade.
Senza calcoli nostri, pensare significa lasciarsi pensare, per un calcolo ed un fine che ignoriamo, ma che riconosciamo superiore in quanto anteriore e posteriore ad ogni nostra contingente ed effimera affermazione su di esso.
Pensare. Non da soli, come se ne fossimo i soggetti agenti e responsabili. Bensì pensare liberi, affrancati, asserviti per principio alle sinergetiche di un Logos che ci sovrasta. Ci anticipa. Ci sopravvive.
Pensare è divino, immortale.
Calcolare è animale (Zoòn), mortale, effimero.
In questo senso “soltanto una divinità (l’elemento divino) ci può salvare”.