Racconto Breve (esercizio di letteratura filosofica)

CONVERSAZIONI SULLA MEMORIA DELLE MADEILEINES.

Altri avrebbero usato parole come frati, bomboloni, rimpianto, nostalgia.
Tu mi hai messo sul piatto una madeleine da patissier Arnac, mentre accanto alle sigarette stava un libro di Proust che non ho mai più letto, Du côté de chez Swann, o quello in italiano, Dalla parte di Swann, che ogni volta mi arrabbiavo un po’, quanto avrei voluto da grande fare il traduttore di titoli stranieri… Pensavo che sarebbe stato molto meglio tradurre con “Dalle parti di Swann” perché è un po’ questo in quella mia Provenza il senso di quello “chez”.

E anche se non ho mai letto la Ricerca del Tempo Perduto, in questi 40 anni in sottofondo la mia vita è stata scandita dalla portata di quel titolo.
C’è chi la chiamerebbe “peso semantico”, da buon positivista radicale ateo, ma questa è una categoria dalla quale mi sono sempre più messo a debita distanza.
In questo periodo cerco di frequentare gente coerentemente psicosomatici, che abbiano fatto la scoperta, dopo approfonditi studi del pensiero scientifico che l’agognato affrancamento dall’istanza deterministica ‘800 style ancora andava ulteriorizzato.
Portato un passo avanti, nel baratro dell’enantiodromia watzlawkiano-eraclitea del Barone di Münchhausen, dove il pensiero compie un’ Aufhebung totale, “un triplo carpiato con trampolino alto”, e lo spirito hegeliano si cappotta. Non il suo contrario, ma l’opposto di se stesso dianzi.

Il tempo perduto, cioè perduto non nel senso che avremmo potuto passarlo meglio, ma perduto nel senso di dimenticato.
Certe cose si dimenticano. Avrei detto prima del tonfo. Oggi invece sono convinto che nulla si possa dimenticare – cancellare dalla mente. Se si fa un analisi approfondita da una ditta specializzata si può farsi fare una copia e te la mandano per corriere su supporto di memoria solida, basta ricopiarsi tutti i dati recuperati.
Poi accade che il testo slitta, percuote la sintassi, si dissocia, si disintegra, ma lo fa per gioco, nella massima confidenza, come apertura, abbraccio, memoria, par cœur, dalle parti di Proust, senza mai averlo letto.

FINE CAPITOLO:

Buonanotte Tatzu, come ti scrivevo io in quel fine inverno del mille e novecentonovanta.

Angelo dell’Elba de Tempi

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