Lo Spirito – Relativo a se stesso

«Fede è sustanza di cose sperate
e argomento de le non parventi,
e questa pare a me sua quiditate»

(Paradiso XXIV, 64-66)

La domanda su cosa sia la fede lasciamola da ultima. Interroghiamoci sulla risposta. Essa risponde del pensiero dal pensiero. Con voce non particolare, individuale, effimera. Ma con una voce del pensiero là fuori, quello universale, che di sé tutto pervade e che tutto fa che sia così com’è e non affatto altrimenti. Il pensiero del tutto. Dove il genitivo non indica che il pensiero sia una funzione della mente singolare che da sola, piccola, pensa il tutto, infinitamente grande e molteplice. Piuttosto un genitivo che indica la soggettività nel tutto, tutto il quale solo pensa per davvero, che finisce per coincidere col suo stesso pensiero, pensiero che il tutto è. Lo stesso sono il pensiero e il tutto.

Delle cose da sperare è la sostanza di queste. La sostanza delle cose è tra queste di quelle auspicabili. Tra le cose auspicabili sta la sostanza delle cose. La loro essenza è delle cose una di quelle da aspettarsi, una alla quale andare incontro. Non le singole caratteristiche peculiari delle cose sono quelle che ci possono dire qualcosa di importante su di esse, ma quella caratteristica comune, che fa di tutte esse la stessa cosa, la loro cosa in comune, il fatto di essere esse tutte quante cose e di essere riconoscibili come tali, e così con un solo nome chiamate. Le cose essenzialmente da cercare sono le cose comuni tra le cose e le cose proprie, che ciascuna cosa ha in comune con se stessa e a se stessa la rende identica.

Il pensiero non fa le cose a caso e senza regola. Eppur fa sì che ogni cosa segua una regola unica e completamente originale, oltre a seguire le regole comuni e condivise con le altre cose, quelle che valgono per tutto e per ogni sua parte. Il pensiero ha delle leggi strutturali, dei codici infrangibili e molteplici sintassi. Per questo il pensiero è ordine piuttosto che disordine, perché segue i propri fili logici, le proprie sequenze, le proprie matematiche. Il pensiero in verità non è UN carattere del tutto – è invece IL carattere. Così che il pensiero non dia mai vita alle cose senza “pensarci”, ma ogni cosa delle cose è sempre al suo posto e mai in nessun altro. La grammatica che il pensiero sceglie per ogni cosa è ogni volta diversa, ma ha in comune con se stessa ogni qual volta la sua sostanza: di essere grammatica e non una qualunque altra cosa che non lo sia. Ciò che è – è sempre cio che è e mai ciò che invece non è. Il pensiero quindi non è spirito assoluto, ma sempre relativo al tutto, spirito relativo a se stesso. Ché lo stesso sono lo spirito e il tutto, e per questa ragione lo spirito non è mai non-spirito e il tutto non è mai il niente.

Est fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium – dice la Lettera agli Ebrei (XI, 1). La fede è ciò che sta nascosto nelle cose e di esse è ciò che importa. La fede nel tutto, nella priorità del tutto sulla singola cosa. La precedenza e sovranità del suo pensiero sui singoli suoi accadimenti nelle forme dei singoli individuali.

Non è un uomo che pensa, ma è il tutto che pensa in lui. Non è il suo essere individuo la speranza, ma il suo essere una cosa che è così come tutte le cose che sono, è la sua sostanza. Il pensiero individuale si avvicina al sacro immutabile pensiero del tutto quando prende coscienza di questo stesso fatto: dell’illusione che il proprio pensiero sia qualcosa d’altro che non una esperienza frattale che il pensiero del tutto fa di se stesso ad un grado di risoluzione ontologica microbico. Non una mente è da questionare, ma lo spirito assoluto, al quale la mente si deve sintonizzare senza sfregare, stare in sintonia senza fregature e frizioni, senza contrasti e scontri, che risultano sempre persi in partenza. Partire quindi dal principio che per principio ci si dedichi, ci si asserva ad essa, la mente sacra di empedoclea memoria, in armonia con essa e con la sua universalità. Seguendo nel nostro piccolo la grande armonia delle sue sfere, il ronzio delle microonde del big-bang spermatico anassagoriano, il principio d’identità con se stessa dell’ontologica parmenidea, le sue espressioni matematiche pitagoriane, il logos eracliteo del tutto e la logica comune ad ogni cosa che è. E soprattutto lasciare che le cose molto più grandi e più vecchie di noi – come l’acqua di Talete – ci indichino la strada giusta da seguire, ci aiutino a capire in cosa dobbiamo sperare.

Est fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium

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