Die Theorie steckt meist schon in den Kategorien, mit denen wir das Wahrgenommene beschreiben – mit denen wir es nicht erst beschreiben, sondern zuvor schon aufgefasst haben.
(Wolfgang Blankenburg 1971, 10)
La teoria di solito è già nelle categorie con cui descriviamo ciò che percepiamo – con le quali non lo descriviamo prima, ma lo abbiamo già colto in anticipo.
La necessaria via traversa.
La via traversa ed impervia, che non è su googlemaps, ma che dobbiamo imboccare se c’è traffico, quando la via principale è intasata, per evitare l’imbottigliamento. Le strade della conoscenza sono piene di presupposti che – se da un lato rendono possibile la comunicazione e la sua comunità – dall’altro possono creare imbuti e bloccare ogni progresso; a volte serve un gesto drastico e filosofico, il coraggio di imboccare una strada secondaria, senza sapere dove ci porterà. E proprio il fatto che non si sappia dove ci porta ci priva di una meta predefinita e ci libera dai paraocchi, cosicché possiamo ammirare il paesaggio e riscoprire il piacere della scoperta ma, soprattutto, della ricerca. Questa strada sbagliata – e questo è il punto cruciale – è un errore necessario. Questo errore necessario deriva dal fatto che la filosofia insegna prima di tutto la messa in discussione critica dei presupposti. Essa invita a non presumere di sapere già dove si va liberandoci dalle mappe e disconnettendoci dai paletti che il navigatore satellitare ci pone sul cammino. Non è né un sostituto di una religione che insegna l’origine, cosa o chi c’è di più alto, quali le verità nascoste nelle nostre credenze, gli armadi della fede, né è un sostituto di una scienza che genera e sfrutta dati misurabili in riferimenti concreti, almeno fintanto che anch’essa non si riduca ad una mera positivistica e statistica raccolta di dati bibliografici trasformandosi in un’insulso elencare brandelli di citazioni fuori contesto. La filosofia non è certo una tale riorganizzazione enciclopedica dei saperi terminologici, né il database degli studenti in cerca di bibliografie esaustive su ogni singola parola pretesa concetto di per sé. La filosofia getta invece nel caos. Essa scombussola e disordina, capovolge e dissolve le gerarchie, dissoda le relazioni di potere rimettendo in discussione i loro cardini, le verità acquisite. È, fin dai primi passi, la dottrina della critica – cioè l’esame attento – di ciò che diamo per scontato.
Lo scontato. Selbstverständlich in tedesco, maldestramente tradotto in italiano con “ovvio”, “evidente”, “naturale”, “autocomprensivo”. Lo scontato. Taken for granted in inglese. Quello che diamo senza farci i conti. Scontato, senza conto, non tenuto di conto, non calcolato. Lo scontato. Ció che non è da prendere in considerazione per essere messo in discussione, in quanto lo scontato non costa il suo intero prezzo, allo scontato qualcosa manca. Manca l’esame completo, il calcolo del totale, l’analisi di tutte le sue parti, la possibilità di una qualche incongruenza interna.
La filosofia deve in ultima analisi aggiungere sempre un’analisi ulteriore, compiere un passo fuoristrada, allungare il percorso per imparare a conoscere davvero la nostra meta e gli assunti cartografici delle mappe sulle quali ci orientiamo. La filosofia ci porta fuoristrada per farci trovare la strada da soli, senza correre troppo il rischio di finire in un fosso con tutta l’auto, per essersi ostinati a voler seguire il GPS.
(Angelo, 10.03.22)