METAFORE DEL DOMINIO
L’orologio degli organi mi butta giù dal letto alle quattro. Stranamente. Da qualche giorno ormai sono di nuovo vittima di sveglie fuori orario. Togliete il connotato negativo che risiede nei vostri presupposti. Leggete come virtù “vittima” e “fuori”, non come vizi, come attribuiti ai quali scampare e dai quali tenere lontano tutto ciò che si ama. La vittima in senso buono può essere quella della formula fare-la-vittima, dove la condizione è fonte di guadagno, oppure, essere l’attore protagonista di una serie di film con l’invito sceneggiato allo spettatore a parteggiare per lui – la vittima. Fuori orario; fuori dalla norma dell’ora alla quale ci si dovrebbe svegliare, fuori fuori, farest than border line, contro la norma, – che nel groviglio dei vostri pregiudizi acquisiti e convenuti si staglia come scheletro, struttura portante, essenza di ogni cosa dalla quale “vogliamo” stare lontani, lo spazio aperto della paura, la “nostra” entropia di libera identità. Qui invece, fuori orario fuori tempo, con il bizzarro fascino per la sregolatezza che ci salva dall’annegare di un’aquila che ci trae dalle acque infilzandoci nelle spalle i suoi artigli fino all’attaccatura delle unghie (negli anni venti si diceva invece inoculandoci). Fuori bene, fuori pericolo.
Immagina che tu sia dentro un vocabolario la cui copertina rigida ti vietasse l’accesso a un sacco di parole che ancora non conosci, ancora non ti appartengono. Funzione più o meno così essere-fuori di contro ad essere-dentro se stessi, essere-in sé, chiusi in un vocabolario. Di qui – dentro e fuor di metafora – la necessità di conoscere le lingue, fare conoscenza con le lingue.
Ora immagina che tra le tue parole ci sia “diavolo” – negli anni venti da cercare con Google o con Bing – ma non ci sia (ancora) “dio”. Quindi immagina che il tuo primo incontro con la parola “dio” avvenga per estensione in un discorso riguardo a (‘l) diavolo. A quel punto comparirà nell’appendice d’aggiornamento alla lettera D- la parola Dio, s. m. Nemico del Diavolo, che forse però è un angelo, o forse è proprio Zeus Iovis Tinia nella versione invernale (credo mi sia scappata una battuta di spirito: infernale). Zeus Üpsisto (ὔψιστος) il più lontano dalla relatività geocentripeta della sfera celeste.
(CONTINUA DOMANI)