Ciò che, pur essendo proprio, si trova distribuito. Nel suo essere distribuito, pur trovandosi altrove, resta proprio.
La distribuzione viene resa dalla “s”. Abbinandola alla “u/v/o” ci si richiama al nucleo astrale, energia del fuoco che dà forma al terreno, come è “SU”, il proprio (umano/terreno) redistribuito nella terra della quale era fatto, come in un ritorno del proprio dell’individuo al proprio del pianeta dopo la morte (cfr. etrusco SUTHINA). “SU” e “SUL/SOL” é una diffusione che non ritorna alla terra, sottoterra (THI etrusco), ma resta nel “segno”, nella dimensione del visibile/dicibile “R/L”, anima dell’astro, spirito di fuoco, luce nucleare, riconducibile sia al centro di fuoco del nucleo terrestre che emerge e si spegne nel visibile, sia al sole, in quanto sfera di fuoco totale, proprio originario, del quale la terra è un pezzo diffuso a distanza, che vive però in connessione con la forza motrice e la diffusione fotonica del sole su di essa e in essa. “SUL”, il proprio (terreno) diffuso altrove, con il “CONSUL” che è il raccogliere ciò che è proprio ma si trova a distanza, o portandolo a sé o percorrendolo e ripetendone la visibilità. Il CONSUL ricollega l’unità come uno stile che unisca i puntini sul disegno dell’enigmista. Egli consulta, osserva, riconnette, i terreni propri, le province della città, i borghi che pur essendo distanti dalla città con essa s’identificano, e si rinforza l’identità nel CONSULTUM.
Mentre la “i” esprime verticalità, perpendicolarità. Essa indica un movimento che percorre la linea tra i due fuochi, il segmento tra centro degli astri e del sole, e centro della terra. Nel CONSILIUM, il “SIL” della distribuzione verticale funge da elemento di approfondimento, introspezione. Qui, ciò che era proprio, e che ora è stato raccolto in sé (CONSUL) viene meditato e riflettuto (CON-SIL). Dalla diffusione e il raccoglimento orizzontali si passa alla diffusione e raccoglimento verticali, così le cose vengono messe in rapporto a ciò che gli è proprio nel CONSULTUM, e il piano fenomenico delle cose viene messo in rapporto con i piani superiori (celesti) e quelli inferiori (inferi e intimi).
“SIL”, la verticalità primordiale, quella degli esseri vegetali, parti di terra che seguono la “i” in tutta la verticalità, tendendosi tra i due centri, radicandosi nella terra ed elevandosi verso il sole. “SILVA” è questo contatto tra l’apertura alla luce del visibile, espresso da “a”, di un’emergenza, emersione escrescente, forma di vita sull’asse dei fuochi “u/v”.
Troviamo poi nella dibattuta “INSULA”, che molti hanno violentato in ogni modo pur di ricondurla al greco νήσος, – che può anche starci, ma non percorrendo vie superficiali che non rivelano nulla del senso radicale – vien da sé la emersione (“a”) di fuoco dal cuore della terra (“u”) alla superficie visibile (“l”) con la distribuzione (“s”) di ciò che le è proprio (terreno, non acqueo) in forma di verticalità (“i”) nel bel mezzo dello spirito della vita dell’acqua, intelligenza e memoria (“n/ne”).
Due parole a parte andrebbero spese per l’isola per eccellenza: ILVA, termine latino che non ha riscontro diretto nei testi etruschi a noi pervenuti, tranne che incluso in sostantivi, come in SILVA e SILVANZ. Il fuoco delle origini (“v”) che risale (“i”), come traccia di sé, alla vista (“l”) – e alla lingua, del dicibile.