Sulla complessità della risposta

L’illusione dell’io disegna una rete sociale di linee rette che collegano puntini. Ad ogni fatto corrisponde un soggetto. Si mistifica la prima persona singolare, la si carica di responsabilità dirette che la trasfigurano in una maschera di colpa.

Detto questo è facile nella rivoluzione gnostica della visione del mondo assumere che quella trama era riduzionismo di comodo con lo scopo d’imbrigliare una realtà più cruda e complessa dove il caos delle sue dinamiche finisce per affrancare ciascuno non solo dalla colpevolezza ma persino dalla consistenza di una qualche soggettività.

La cancellazione dell’artificio della responsabilità diretta si rivela un altrettanto totalitario rendiconto finale che chiude ogni prospettiva di differenza in quanto non fa che ribaltare il peccato originale con lo scagionamento sistematico perseverando in un paradigma comunque senza differenze.

Probabilmente il contratto sociale e il sistema delle leggi per quanto fallaci e biforcuti continuano ad avere ragion d’essere proprio perché soli garantiscono la possibilità di distinguere. Nella distinzione si innesca il motore della dialettica, si mette la cera e si toglie la cera, è in gioco il bianco col nero, il bene col male.

Su più livelli deve muoversi il pensiero. Paradigmi anche opposti e contraddittori debbono applicarsi con on/off accendendosi a turno nel pragmatismo dell’evenienza. In questa contingenza dei saperi multistrato la necessità del loro metaparadigma ad intermittenza. Bisogna essere capaci di pensare tutto e il contrario di tutto, aspettarsi l’inatteso.

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