Una stele romana con iscrizione in greco anatolico proto-tardoantico


Una stele funeraria romana riemerge dai rovi: il ritrovamento di Kayacık (Muğla)

Nel distretto montuoso di Seydikemer, nella provincia di Muğla, un semplice gesto di attenzione ha riportato alla luce un’importante testimonianza della cultura funeraria romana in Anatolia. Un pastore che portava al pascolo le sue capre nei boschi di Kayacık ha infatti notato, affiorante tra la vegetazione, una stele scolpita. Comprendendo il potenziale valore del manufatto, ha immediatamente avvisato la Direzione del Museo di Fethiye, dando avvio a un’operazione esemplare di tutela del patrimonio.

Il recupero: sette ore di lavoro in un terreno impervio

Gli archeologi intervenuti sul posto hanno confermato da subito che si trattava di un reperto antico. A causa del peso stimato – circa 300 kg – e della posizione su un terreno scosceso, è stato impossibile rimuovere la stele nell’immediato: per proteggerla da eventuali danneggiamenti o furti, gli esperti l’hanno sepolta temporaneamente e hanno installato una fototrappola nell’area.

Dopo aver predisposto le misure di sicurezza, la squadra è tornata sul luogo. Raggiungere il sito ha richiesto 45 minuti di cammino, mentre l’estrazione e il trasporto hanno impegnato archeologi e operai per sette ore, a causa della fragilità del reperto e della morfologia rocciosa del terreno. La stele è stata infine trasferita al Museo di Fethiye, dove è ora in corso la procedura di registrazione, pulitura e conservazione.

Una stele-altare di età romana: forma e iconografia

Secondo l’archeologo Ahmet Meke, che ha diretto l’operazione, la stele risale al periodo romano imperiale, tra il I e il III secolo d.C.. Si tratta di un tipico esempio di stele funeraria a forma di altare, tipologia largamente attestata in Anatolia.

La superficie frontale presenta le figure di un uomo e di una donna, probabilmente i membri di una stessa famiglia. Gli abiti e la composizione offrono preziosi indizi sul contesto sociale e culturale dell’epoca: si tratta di un ritratto che, pur nella stilizzazione provinciale, riflette modelli iconografici romani.

Un particolare rilevante è la presenza di una corona scolpita sul lato della stele. Come sottolinea Meke, tale elemento allude a onore, prestigio e vittoria, indicando che la figura commemorata doveva godere di un certo ruolo nella comunità locale.

L’iscrizione: memoria, restauri e identità

Alla base del manufatto si conserva un’iscrizione in greco, parzialmente erosa ma ancora leggibile, che testimonia la storia postuma della stele. La formula epigrafica – tipica delle iscrizioni di restauro in ambiente rurale – registra che il monumento, caduto in abbandono e coperto dai rovi, fu in seguito restaurato, e che un certo Nataios ne “vide” la ricostruzione, fungendo forse da garante o da dedicante.

La linea finale recita infatti che «Nataios vide (cioè certificò) quel luogo completamente restaurato dopo essere stato abbandonato e invaso dai rovi», con un linguaggio che riflette il greco parlato nelle comunità rurali dell’Anatolia romana.

Tutela e consapevolezza: un caso esemplare

Il ritrovamento deve molto al senso civico del pastore che ha segnalato la stele. Come ricorda Meke, la collaborazione tra cittadini e istituzioni è fondamentale per la salvaguardia del patrimonio culturale. L’area del ritrovamento è stata proposta come zona protetta, e sono state installate fototrappole per garantirne la sicurezza.

Ora in via di restauro, la stele entrerà a far parte delle collezioni del Museo di Fethiye, dove sarà esposta al pubblico come nuova testimonianza della vita, della memoria e delle pratiche funerarie delle comunità locali in età romana.


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