Ecco la traduzione dell’articolo “Charred honeycombs discovered in Iron Age Northern Italy. A new light on boat beekeeping and bee pollination in pre-modern world” (Lorenzo Castellano et al., Journal of Archaeological Science, 2017).
Favi carbonizzati scoperti nell’Italia settentrionale dell’età del Ferro: una nuova luce sull’apicoltura fluviale e sull’impollinazione nel mondo premoderno
Nel mondo antico, la cera d’api e il miele rivestivano un’importanza cruciale non solo per l’alimentazione, ma anche per numerose attività artigianali. Sebbene le fonti iconografiche e letterarie forniscano un quadro ricco e dettagliato, i dati archeologici diretti relativi all’apicoltura antica sono rari.
Un progetto di scavo multidisciplinare condotto nel centro etrusco di Forcello, presso Bagnolo San Vito (provincia di Mantova), ha portato alla scoperta di favi carbonizzati in un laboratorio databile al 510–495 a.C.. Le analisi morfoscopiche, palinologiche e chimiche (IR, LC-MS, GC-MS) sui favi e sui materiali associati – tra cui pane d’api e miscele di favi fusi – hanno consentito di ricostruire le pratiche apistiche e l’ambiente locale.
I dati pollinici mostrano che le api bottinavano su piante di ambienti acquatici e ruderali, suggerendo l’esistenza di apicoltura itinerante su imbarcazioni lungo i corsi fluviali. Tale pratica è descritta da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, XXI, 43, 73) alcuni secoli più tardi, in relazione alla città di Ostiglia, circa venti chilometri a valle del sito.
Questa evidenza archeologica conferma dunque le fonti storiche, mostrando come l’apicoltura nell’Italia settentrionale dell’età del Ferro fosse caratterizzata da un alto grado di specializzazione.
Inoltre, il contenuto pollinico dei favi fusi ha rivelato la presenza di un miele di Vitis vinifera, finora senza precedenti. Il profilo di impollinazione suggerisce che le api si nutrissero del nettare di varietà di vite pre-domesticate o in fase di domesticazione iniziale, in accordo con i dati archeobotanici relativi ai vinaccioli coevi dell’Italia settentrionale.
Contesto archeologico
Il sito di Forcello, fondato poco dopo la metà del VI secolo a.C. sulle rive di un antico lago prosciugato in epoca rinascimentale, si estendeva per circa 12 ettari e funzionò come porto fluviale fino al suo abbandono intorno al 375 a.C.. La posizione strategica sul sistema idrico padano permetteva collegamenti commerciali con Adria e Spina, porti dell’Alto Adriatico terminali delle rotte marittime provenienti dalla Grecia.
Durante gli scavi, nel vano 3 della casa F2, sono stati rinvenuti favi carbonizzati, pane d’api e resti di Apis mellifera, talvolta associati a masse vitree nere (charred clots) dovute alla fusione improvvisa dei materiali durante un incendio. Alcuni frammenti conservano dettagli anatomici interni – come cervello e tessuti muscolari – eccezionalmente fossilizzati in forma carbonizzata.
Evidenze e interpretazione
L’insieme dei dati archeobiologici e chimici indica che attività apistiche erano condotte all’interno del laboratorio della casa F2. La carbonificazione selettiva, dovuta a condizioni microambientali specifiche durante l’incendio, ha permesso la conservazione parziale dei favi e dei residui organici. Le analisi chimiche hanno confermato la presenza di cera d’api e miele all’interno della matrice porosa carbonizzata, spiegando le particolari condizioni tafonomiche che hanno permesso la sopravvivenza di materiali normalmente deperibili.
Le indagini hanno inoltre permesso di ricostruire l’ecologia degli alveari, le preferenze alimentari delle api e l’interazione con l’ambiente fluviale del basso Mincio, offrendo una rara testimonianza diretta del rapporto tra uomo e ape in epoca preclassica.
Conclusioni
La scoperta dei favi carbonizzati nel sito etrusco di Forcello rappresenta la prima indagine scientifica sui prodotti apistici conservati in situ in un contesto premoderno.
Essa dimostra che già nel VI–V secolo a.C. le comunità etrusche praticavano forme di apicoltura fluviale altamente organizzata, sfruttando la mobilità delle imbarcazioni per seguire le fioriture stagionali.
L’evidenza di un miele di vite amplia le conoscenze sull’interazione tra apicoltura e viticoltura antica, fornendo un nuovo tassello alla storia economica e ambientale dell’Italia protostorica.
Lorenzo Castellano, Cesare Ravazzi, Giulia Furlanetto, Roberta Pini, Francesco Saliu, Marina Lasagni, Marco Orlandi, Renata Perego, Ilaria Degano, Franco Valoti, Raffaele C. de Marinis, Stefania Casini, Tommaso Quirino, Marta Rapi,
Charred honeycombs discovered in Iron Age Northern Italy. A new light on boat beekeeping and bee pollination in pre-modern world,
Journal of Archaeological Science,
Volume 83,
2017,
Pages 26-40,
ISSN 0305-4403,
https://doi.org/10.1016/j.jas.2017.06.005.
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0305440317300857
Abstract:
In the ancient world beeswax and honey were of crucial importance not only for nutrition, but also for a range of activities including various artisanal practices. A rich body of iconographic and literary evidence has proven very informative, but archaeological data are strongly underrepresented in studies on ancient beekeeping. A multidisciplinary excavation project of the Etruscan trade center of Forcello near Bagnolo San Vito (Mantua province), led to the discovery of charred honeycombs in a workshop dated to 510-495 BCE. Morphoscopical, palynological and chemical analyses (IR, LC-MS, GC-MS) were conducted on these honeycombs and their associated materials (bee-breads and a mixture of melted honeycombs) in order to reconstruct beekeeping practices and the local environment. Palynological data indicate that honeybees were feeding on plants from both aquatic and ruderal landscapes. The palynological record from the bee-breads suggests the practice of itinerant beekeeping along rivers, an activity described by Pliny the Elder (Natural History, XXI.43.73) a few centuries later in relation to the town of Ostiglia (Mantua province) ca. 20Â km downstream the investigated site. Hence, confirming the historical source, beekeeping in Iron Age Northern Italy appears to be characterized by a remarkably high degree of specialization. In addition, the pollen content of the melted honeycombs provides evidence for an unprecedented Vitis vinifera (grapevine) honey. The pollination syndrome suggests that bees fed on nectar of pre-domesticated or early-domesticated varieties of Vitis vinifera, confirming the archaeobotanical record of pips from Iron Age Northern Italy.
Keywords: Beekeeping; Honeybee pollination; Wax chemistry; Pollen analysis; Etruscans; Iron Age
