L’architetto Ferruzzi: qua venivano Churchill e Greta Garbo, ora servono idee
«Viviamo un’estate turistica animata, mentre in inverno un vuoto troppo assordante»
di Stefano Bramanti
Poggio. Località suggestiva, frazione di Marciana nel cuore verde dell’Elba, fu uno dei primi luoghi a sperimentare il turismo d’élite all’alba del Novecento. Dal fascino unico, per decenni è stata scelta da artisti, nobili e intellettuali che trovavano refrigerio nei suoi boschi e nella quiete delle sue pietre antiche.
Qualcuno sul finire dell’Ottocento favorì un’ulteriore notorietà: l’onorevole Del Buono scelse il paese per edificarvi l’imponente “Villa di Campagna”.
Di questo borgo Il Tirreno ha chiesto a Paolo Ferruzzi, già docente all’Accademia delle Belle Arti a Roma, di raccogliere e rilanciare iniziative culturali della sua Accademia del Bello.
«Come in tutta l’isola – ci ha detto l’architetto – Poggio vive un’estate turistica molto animata, mentre in inverno resta un vuoto assordante, sociale ed economico. Qui nel 1800 vivevano oltre 1000 abitanti, poi lo spopolamento progressivo li ha ridotti agli attuali 150. Nel 1900, prima dell’avvento del turismo, a Poggio si viveva di agricoltura, si producevano vino, anche castagne, e i suoi derivati. Poco altro. Qualcuno promuoveva anche l’impegno marinaro».
Sul finire dell’Ottocento l’onorevole Pilade Del Buono elesse il paese a luogo privilegiato per edificarvi l’imponente “Villa di Campagna”, progettata dal giovane Coppedè. La “Villa”, in un certo senso, fu la prima forma di villeggiatura per chi proveniva da Portoferraio, trovando in estate l’ambita frescura, la stessa che trovò anche Napoleone esiliato all’Isola nel 1814, fuggendo dall’afoso scirocco portoferraiese e accampandosi alla vicina Madonna del Monte.
«Il moderno turismo – prosegue Ferruzzi – nacque con Giulio Moneti e poi con Beppino Cacciò, facendo venire a Poggio personalità internazionali come Winston Churchill, Greta Garbo, Giorgio De Chirico, i Rothschild, Agnelli, i Barilla, ecc. Apprezzavano il clima rilassante e la cortesia degli elbani, con le loro attività commerciali, gestite dagli allora diretti discendenti di Nello Mazzei.
Poi Anna Maria Rimoaldi, organizzatrice del prestigioso Premio Strega, vivacizzò le estati “puginche” con la Festa del Poggio, e tra i suoi spettatori ci furono importanti politici come Berlinguer, Piccoli, Andreotti, Malfatti. Ma anche attori: Romolo Valli, Giorgio De Lullo, Anna Maria Guarnieri. Poi pure lo stilista Pierre Balmain, che a valle fece edificare una moderna villa progettata dall’architetto Ricci.
Intanto per le vie di Poggio operava e agiva lo scultore Giò Pomodoro. Ma iniziò presto una lenta e inesorabile discesa verso un turismo di massa, che poi ha interessato tutta l’isola».
Ma cosa offre Poggio oggi in estate?
«Tre ristoranti – ci ha risposto Ferruzzi –: Da Publius, Dolce Vita, Sciamadda, e due bar. In inverno tutti chiudono, e niente farmacia, niente ufficio postale, solo il volenteroso Borgo del Poggio di Mauro Mazzei, che nel fine settimana, oltre ai suoi prodotti gastronomici, offre pizza e ristorazione.
In inverno parzialmente attiva è la Società della Fonte di Napoleone, che imbottiglia la preziosa acqua sorgiva del Monte Capanne, e come locale apre il Circolo Amici del Poggio. Che è l’unico spazio illuminato a rischiarare le lunghe e vuote serate invernali – precisa l’architetto – in rapporto alla breve estate.
Oggi rimane la Festa della Castagna in ottobre, un solo giorno, ma il paese deve ritrovare la sua “anima”, con scelte politiche ben ragionate».
Una decina di anni fa Angelo Mazzei tentò il progetto Poggio Green, e non progredì neppure l’idea dell’albergo diffuso, avviato già nel 1960 da Beppino Cacciò.
Oggi è attivo Silvestre Ferruzzi, figlio di Paolo, con iniziative culturali che partono dagli aspetti storici del luogo. Punta sulla rivalutazione dei sentieri, degli antichi mestieri e delle tradizioni. Iniziative portate avanti anche dall’Accademia del Bello, impegni notati da riviste prestigiose come la Baedeker e sostenute dalla stampa e da reti televisive nazionali e internazionali.
E l’architetto conclude:
«Un’occasione perduta c’è stata: a mio avviso la ex Villa Del Buono doveva essere trasformata in una prestigiosa scuola alberghiera, per dare vitalità al paese d’inverno con i suoi oltre 100 allievi, per poi trasformarsi in grand hotel d’estate, aperto a un turismo ricercato.
Mai dire mai: potrebbe essere riproposta sotto una veste diversa, meno tradizionale e rigida, per essere estesa a tutto il paese come scuola alberghiera diffusa».

