NEVROSI ANCESTRALI

Il Teatro come Cura della ψυχή: Freud, Lacan e i Miti Greci

La tragedia greca rappresenta un patrimonio inestimabile per comprendere i moti dell’animo umano, o meglio, della ψυχή, termine che nella sua accezione originaria greca indica non solo l’anima, ma il principio vitale stesso (Snell, 1953). Con l’avvento della psicologia moderna, Sigmund Freud e Jacques Lacan hanno reinterpretato queste narrazioni antiche come strumenti per “curare” le ferite profonde della ψυχή, in un senso che possiamo definire heideggeriano: non una semplice guarigione clinica, ma un prendersi cura dell’essere nella sua interezza (Heidegger, 1927).

Freud fu tra i primi a riconoscere nella tragedia greca, in particolare nell’Edipo Re di Sofocle, un paradigma universale della psiche umana. L’inconscio, con i suoi desideri repressi e i conflitti primordiali, trova in Edipo una narrazione esemplare. Per Freud, il mito è uno specchio attraverso cui leggere le dinamiche familiari e il processo di identificazione (Freud, 1900).

Nel suo saggio L’interpretazione dei sogni, Freud descrive Edipo come “il destino inevitabile di ogni uomo”, un simbolo del conflitto tra desiderio e legge morale, tra amore e interdizione. Questa lettura trasforma la tragedia in un dispositivo diagnostico: attraverso il mito, il paziente può riconoscere e rielaborare le proprie pulsioni inconsce (Freud, 1900, cap. V). Il teatro, quindi, diventa una scena psichica dove i mali della ψυχή vengono portati alla luce.

Jacques Lacan riprende l’opera di Freud, ma amplia la lettura del mito in chiave strutturalista, collocandola all’interno del suo celebre tripartito Reale, Simbolico e Immaginario (Lacan, 1953). Per Lacan, la tragedia greca non è solo un riflesso dell’inconscio, ma un dramma che si gioca nel Simbolico, il registro del linguaggio e della legge.

Un esempio chiave è il mito di Antigone, analizzato nel Seminario VII: L’etica della psicoanalisi. Lacan interpreta Antigone come figura che si pone al confine tra Simbolico e Reale. Sfida l’ordine stabilito da Creonte, rappresentante della legge umana, per seguire una legge non scritta, ma assoluta. Questo atto la colloca in uno spazio dove il linguaggio non può più articolare il conflitto, aprendo una riflessione sull’etica del desiderio (Lacan, 1986, pp. 317-335).

Il verbo greco θεραπεύειν (therapeuein), da cui deriva “terapia”, significa originariamente “prendersi cura”. Heidegger lo interpreta come un atteggiamento esistenziale: curare non è eliminare il dolore, ma abitare l’essere nella sua fragilità (Heidegger, 1927). Il teatro greco, come anche la psicoanalisi, non fornisce risposte definitive, ma offre uno spazio in cui confrontarsi con la propria finitezza.

Freud e Lacan, consapevoli della profondità dei miti greci, li utilizzano per guidare la ψυχή attraverso il suo stesso labirinto. La tragedia, in questo senso, diventa un atto performativo che porta alla luce ciò che il linguaggio comune nasconde, ricongiungendo l’essere umano al proprio destino.

Se la ψυχή è un palcoscenico, allora le tragedie greche rappresentano i primi atti di un dramma ancora in corso. Freud e Lacan hanno mostrato come il mito possa fungere da mappa per navigare i conflitti interiori. Tuttavia, le emozioni e i nuovi conflitti della contemporaneità attendono ancora di essere scritti. La tragedia moderna è quella di una ψυχή smarrita tra i simulacri della modernità (Baudrillard, 1981), che deve trovare nuove narrazioni per raccontarsi e, forse, per guarire.


Bibliografia Spicciola

  • Baudrillard, J. (1981). Simulacres et Simulation. Paris: Galilée.
  • Freud, S. (1900). Die Traumdeutung. Leipzig: Deuticke.
  • Heidegger, M. (1927). Sein und Zeit. Tübingen: Niemeyer.
  • Lacan, J. (1953). Fonction et champ de la parole et du langage en psychanalyse.
  • Lacan, J. (1986). Le Séminaire, Livre VII: L’éthique de la psychanalyse. Paris: Seuil.
  • Snell, B. (1953). Die Entdeckung des Geistes: Studien zur Entstehung des europäischen Denkens bei den Griechen. Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht.

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