di AA. VV.
Pilade Del Buono nacque in una famiglia di rilievo: suo padre Alessandro era deputato di Sanità Marittima e sua madre, Lucia Bartoli, discendeva da una famiglia elbana. Dopo aver completato la formazione presso la Scuola nautica locale, Del Buono diventò capitano marittimo del distretto di Rio Marina nel 1878, ma la sua carriera aveva iniziato a prendere forma già anni prima, con diverse esperienze che lo avrebbero presto reso una figura centrale per l’isola d’Elba.
Nel 1871, a soli 19 anni, Pilade comandava già il brigantino Arturo, una nave di proprietà del fratello Oreste. Fino al 1880, fu molto attivo politicamente, militando nelle fila della sinistra locale e diventando presidente del Circolo Marittimo Riomarinese. La sua partecipazione attiva nella politica locale rifletteva l’impegno verso i problemi sociali e commerciali che affliggevano la sua isola natale.
La crisi della navigazione a vela e le sfide della marineria italiana furono temi centrali nel congresso di Camogli del 1880, al quale Pilade prese parte come rappresentante della marineria elbana. Qui, si distinse per le sue proposte innovative e per la sua competenza, qualità che gli valsero l’inclusione in una commissione di esperti per affiancare la Commissione parlamentare sui problemi della marina mercantile italiana.
Tra il 1881 e il 1882, Del Buono si dedicò al giornalismo e diresse la testata Lo Sciabecco, sulla quale pubblicò articoli che criticavano aspramente la classe dirigente del comune di Rio nell’Elba. Questa lotta politica aveva lo scopo di promuovere lo sviluppo del commercio e della marineria a Rio Marina, minacciati da politiche che sembravano ostacolare la crescita della città. La sua battaglia portò alla costituzione del nuovo comune di Rio Marina nel 1882, un successo che rappresentò uno dei suoi primi traguardi nel promuovere il progresso dell’isola.
Il 6 marzo 1898, Pilade Del Buono fu eletto alla Camera dei Deputati di Livorno. Questo periodo segnò anche l’inizio di un’importante fase della sua attività imprenditoriale. Insieme a Ubaldo Tonietti, un imprenditore già concessionario delle miniere di ferro dell’isola, fondò a Genova, il 28 luglio 1899, la società Elba, con l’intenzione di creare un polo siderurgico a Portoferraio. Questo progetto, effettivamente realizzato il 13 dicembre 1900, contribuì a valorizzare ulteriormente le risorse minerarie dell’isola, ponendo le basi per lo sviluppo industriale elbano.
Sempre nel 1898, Pilade Del Buono decise di investire nel settore minerario all’estero, finanziando insieme ad altri imprenditori la società Lanzoni, Martini & C., per sfruttare le miniere di carbone di Naricual in Venezuela. La compagnia ottenne una concessione dal governo venezuelano di Cipriano Castro e avviò i lavori di estrazione, ma ben presto dovette affrontare le complicazioni causate dalle guerre civili in corso nel Paese, che portarono alla sospensione della produzione. Queste vicende scatenarono un lungo contenzioso tra il governo italiano e quello venezuelano, ma nonostante gli sforzi diplomatici, Del Buono non riuscì a recuperare le ingenti perdite economiche subite.
Nel dicembre 1899, Del Buono si dimise dal Parlamento e avviò nuovi progetti edilizi, affidandosi all’architetto Adolfo Coppedè, che ideò numerosi edifici sull’isola d’Elba. Tra questi spiccano il Palazzo dei Merli, la Fattoria San Martino, il Palazzo della Società Elba e varie cappelle funerarie, tra cui quella della famiglia Del Buono a Portoferraio e la Cappella Tonietti al Cavo. In questo periodo, Del Buono acquistò una villa a Poggio, dove, durante i lavori di scavo, furono rinvenute tombe etrusche risalenti al periodo arcaico. Qui si avvicinò al pittore Giuseppe Mazzei, con cui instaurò una profonda amicizia, influenzata dall’ambiente culturale dell’isola e dai reperti archeologici scoperti sul suo terreno.
Le perdite economiche accumulate in Venezuela pesarono profondamente sulla situazione finanziaria di Del Buono, che pubblicò nel 1908 un pamphlet intitolato In difesa del mio onore, in cui cercò di difendersi dalle critiche riguardanti la gestione della società Ilva, un altro progetto industriale con cui era stato coinvolto. Nonostante le difficoltà economiche, Del Buono continuò a dedicarsi a iniziative di valore culturale per l’isola d’Elba, dimostrando grande interesse per il patrimonio mineralogico locale. In collaborazione con il ricercatore Luigi Celleri, fondò un Museo mineralogico nella Villa di San Martino a Portoferraio, raccogliendo una collezione di minerali e altre testimonianze della ricca geologia elbana.
Del Buono lasciò un’importante eredità, sia culturale che familiare. Suo nipote Oreste Del Buono divenne uno scrittore di spicco, mantenendo viva la memoria del nonno attraverso i suoi lavori letterari. L’isola d’Elba, grazie alle molte iniziative e agli investimenti di Pilade Del Buono, ha visto un notevole sviluppo culturale e industriale, che continua a testimoniare il contributo dell’imprenditore elbano alla storia economica e sociale italiana.
Dopo la morte di Pilade Del Buono, avvenuta nel 1930, la sua villa di Poggio attraversò varie trasformazioni. Fu acquistata dall’imprenditore Giuseppe Cacciò nel 1946, che la trasformò in un hotel di lusso noto come Palazzo della Fonte di Napoleone. Negli anni successivi, la villa divenne un luogo di incontro per artisti e intellettuali di fama internazionale, tra cui Giorgio De Chirico, Winston Churchill e Ingrid Bergman, mentre i giardini vennero arricchiti con un impianto per la degustazione dell’acqua minerale della Fonte di Napoleone.
Nel 1947, su progetto dell’architetto Gino Cancellotti, fu installata una fontana di degustazione, e l’anno successivo fu allestito un impianto per l’imbottigliamento delle bevande. La Villa Del Buono divenne quindi un centro di attrazione turistica e culturale, ospitando personalità di spicco come Dimitri Mitropoulos e Indro Montanelli. Nel 1982, l’edificio venne infine trasformato in un residence, mantenendo vivo il fascino storico e culturale dell’isola.
La figura di Pilade Del Buono rappresenta l’ideale di imprenditore italiano del tardo Ottocento, un “principe mercante” come lo definì Luigi Einaudi, capace di unire ambizione imprenditoriale e impegno culturale. Le sue attività minerarie, le sue costruzioni e la sua attenzione per il patrimonio culturale elbano ne fanno una figura poliedrica e rappresentativa di un’epoca di transizione per l’Italia.

