FABRICIA
di Nicoletta Taddei
L’insediamento romano di Portoferraio viene comunemente indicato dalle fonti locali settecentesche col nome di Fabricia. Lo storico elbano Sebastiano Lambardi¹24, citando come fonte Celeteuso Gotico125, fornisce due possibili etimologie: Fabricia da Fabricius Console Romano o Fabricia da a fabricando ferrum 126, ricollegando cioè il toponimo allo sfruttamento delle risorse naturali, attività dalla quale non è possibile svincolare la storia dell’isola (fig. 35).
Le prime notizie dell’esistenza di un centro romano sono però da riferire a dei documenti d’archivio datati per la maggior parte al 1548127. Sono lettere di corrispondenza tra il Granduca ed i suoi funzionari attraverso le quali si informano le autorità circa lo stato d’avanzamento dei lavori di fortificazione del Porto Ferrajo e all’interno delle quali si fa contestual- mente riferimento ai resti antichi venuti alla luce durante i lavori. Da questi documenti si ricava che fragmenti d’anticaglie de’Romani furono rinvenuti al Forte Stella 128, nel Piano dei Mulini a Vento, agli Altesi, alla Linguella ed in altri punti all’interno del tracciato mediceo. Si tratta, almeno in parte, dei resti di muri in opus quasi reticolato e reticolato
ancora oggi visibili al Forte Stella129 e alla Linguella, di pavimentazioni, di condutture e di reperti mobili quali lucerne, monete, frammenti sta- tuari, iscrizioni funerarie, e probabilmente un sarcofago, per il momento non ancora rintracciati.
Fondamentale per la storia “antiquaria” di Portoferraio è l’opera di Antonio Sarri composta attorno al 1733130 e dalla quale attinsero in gran parte sia il Coresi del Bruno che il Lambardi. Alle carte 40-44 il Sarri pre- senta un breve compendio delle antichità rinvenute nel territorio di Portoferraio: si tratta di resti di muri, volte, intonaci, mosaici pavimenta- li, mattoni bollati e monete; alle cc. 62-65 ci dà invece una prima idea circa l’estensione dell’insediamento: ..dalla Torre..della Linguella..al bastio- ne de’Pagliai (o del Maggiore)..Tutto il Piano contiguo a Porta di Mare, e per tutta la strada di Porta di Terra; il circuito attorno alla Piazza d’Arme (piazza della Repubblica) ..sotto il Carmine..nel piano de’ Mulini a Vento, e..ove in oggi sono i granari.. (fig. 36).
Dal punto di vista archeologico la parte più importante è quella che zia alla c. 161; in questa sezione infatti il Sarri registra, con una notevole ricchezza di particolari, i rinvenimenti da lui effettuati mentre era al ser- vizio di Cosimo III: oltre a ricordare i Bagni della Regina Alba, cioè i resti della Linguella, ci descrive i lavori condotti tra il 1700 ed il 1710 nell’al- lora piazza d’Arme, nel corso dei quali vennero alla luce, a circa quattro metri di profondità, resti di muri, pavimentazioni in marmo e in mattoni (alcuni dei quali bollati), monete, chiodi in rame ed in bronzo oltre ad un’iscrizione 131 di difficile lettura. Tra il 1710 ed il 1720, a seguito di lavo- ri pubblici nel piano dei Mulini, venne individuata una necropoli. In quell’occasione si rinvennero numerose sepolture, alcune in muratura, altre costituite da tegole giustapposte (forse del tipo “a cappuccina”); il corredo era formato da due unguentari in vetro ed una o più lucerne in terracotta (fig. 38). Furono trovate diverse monete, la maggior parte delle quali attribuite agli imperatori Adriano e Antonino Pio. Particolarmente ricca doveva essere la tomba di una bambina che com- prendeva due lucerne, un bellissimo vaso, un contenitore in terracotta, con bitume e carboni, chiuso da un coperchio in argento ed un anello d’oro con pietra turchina. Il sepolcro, in muratura, era chiuso da una lapi- de132. Altre due iscrizioni funerarie133 si rinvennero nel 1729 in prossimità della Chiesa delle Anime del Purgatorio; accanto alla seconda vennero alla luce delle ossa e due monete: una dell’imperatore Claudio e una di Adrianus Augustus (fig. 36).
Sulla base delle notizie forniteci dalle fonti “antiquarie”, possiamo dun- que affermare che per tutto il tratto di terra dalla Linguella fino a via dell’Amore e al Bastione del Maggiore (con propaggini a mare), lungo tutta la darsena (da Porta a mare a Porta a terra) e più all’interno nelle aree corrispondenti all’attuale piazza della Repubblica e al Duomo, sotto l’ex Chiesa del Carmine ed infine al Forte Stella, si estendeva l’abi- tato romano, mentre l’area cimiteriale doveva essere periferica e coprire in buona parte il piano dei Mulini, la porzione NE dell’isolato compreso tra via della Regina e via V. Hugo, una parte degli Altesi e l’area corri- spondente all’ex Chiesa delle Anime del Purgatorio (fig. 39). Purtroppo
del materiale recuperato tra il XVI ed il XVIII secolo non ci rimane quasi nulla, eccetto alcuni disegni del Sarri e del Lambardi relativi alla necro- poli dei Mulini e ad alcune iscrizioni funerarie, ai quali si aggiunge la lapide di Claudio Tiberio Hilarione riportata dal Puciatti. Questi dati, tuttavia, trovano una certa corrispondenza in quelli deducibili dallo stu- dio dei rinvenimenti effettuati nel corso della seconda metà del XX seco- lo (fig. 37); infatti dal 1951 al 1977, durante lavori pubblici in piazza Cavour, sotto l’ex cinema Astra, in piazza della Repubblica, nell’area prospiciente via V. Veneto, alle Galeazze, in località il Grigolo, come pure ai Mulini, sono venuti alla luce materiali e strutture riferibili all’età romana 135. Tra il 1976 ed il 1991 l’area della Linguella è stata oggetto di vari interventi che hanno permesso l’individuazione dei resti della villa romana. Ad eccezione dei materiali ivi recuperati nel corso delle campa- gne di scavo 1979 e 1990-1991, dei rimanenti si conserva oggi solo una parte (Portoferraio, dep. S.A.T. e Museo Civico Archeologico): sono pre- valentemente reperti ceramici provenienti da piazza della Repubblica, dall’angolo tra via delle Galeazze e via dell’Amore e dal Grigolo. Malgrado l’estrema frammentarietà ed il forte grado di deterioramento, questi materiali forniscono utili indicazioni circa la cronologia dell’inse- diamento. Le classi ceramiche rappresentate (pareti sottili, lucerne, piatti a vernice rossa interna, sigillata di produzione italica, sigillata africana, africana da cucina, ceramica comune e anfore) presuppongono una vita del sito piuttosto lunga, che va dai decenni finali del I secolo a.C. al IV/V sec. d.C.. Si può tuttavia osservare che la maggior parte del mate- riale si colloca tra la seconda metà del I sec. d.C. e la metà del III secolo; particolarmente ben rappresentati risultano essere la seconda metà del I ed il II sec. d.C.. Sulla base di questi elementi, anche se in via del tutto ipotetica vista la parzialità dei dati fin qui raccolti, si può proporre la
seguente ricostruzione: – tra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del 1 d.C., nell’area compre- sa tra piazza della Repubblica e le Galeazze, si sviluppa un primo picco- lo nucleo insediativo forse da riconnettere soprattutto all’impianto della villa della Linguella;
– i materiali archeologici sembrano infatti indicare che il momento di maggiore sviluppo ed espansione dell’abitato, conseguente ad un aumento demografico del quale ci rimane parziale traccia nei materiali relativi all’area di necropoli, sia da collocare nel periodo che va dalla seconda metà del I a tutto il II sec. d. C.. Le epigrafi funerarie riportate nel XI volume del C.I.L. e quella riprodotta dal Puciatti fanno tutte riferi- mento, ad esclusione di una, a persone di condizione servile e libertina 136. alcune sepolture presentano come corredo materiali che permettono di datare l’area cimiteriale tra la fine del I ed il II secolo: si tratta di monete di Claudio, Domiziano e soprattutto Adriano ed Antonino Pio, lucerne del tipo Firmalampen (II secolo) con bolli FORTIS, EROTI13, MVNSVC 139 ed unguentari in vetro del tipo Isings 82 (fine I-II d.C.). Anche il formula- rio epigrafico, come pure – in alcuni casi – la tipologia stessa del monu- mento, fanno propendere per una datazione dell’area cimiteriale attorno al II secolo 140. E’ forse utile ricordare che proprio a questo periodo risalgo- no alcuni interventi di ampliamento e ristrutturazione alla Linguella 141 anch’essi probabilmente interpretabili come sintomi di un certo fermen- to. Allo stesso periodo ci riporta l’iscrizione P. ACILI. ATTIANI su fistula plumbea rinvenuta ..ne’ fragmenti della muraglia di un acquedotto attorno alla metà del XVI secolo 142. Se anche quest’iscrizione, come altre, fosse stata rinvenuta durante i lavori di fortificazione a Portoferraio, si verreb- be a stabilire un interessante nesso tra l’insediamento romano ed il potente prefetto del pretorio dei tempi di Adriano, Publio Acilio Attiano, a cui fa riferimento anche l’ara in granito rinvenuta al Seccheto nel 1899143 e oggi conservata presso il locale Museo (cfr. 2.2). Queste due attestazioni sono in ogni caso testimoni dei forti interessi che le classi agiate romane, la presenza delle quali ha come riflesso la rapida recezio- ne del formulario epigrafico urbano 144, dovevano avere sull’isola. Se lo sviluppo dell’insediamento può essere, per ora solo in via ipotetica, con- nesso allo sfruttamento del granito, un impulso notevole sarà certamen- te da attribuire alla vitalità dei traffici commerciali marittimi all’interno dei quali è inserita l’Elba. A Fabricia, tra la metà del I e la metà del III sec. d.C., arrivano olio, garum e vino dalla Spagna (anfore Dressel 20; Dr. 7/11 e 14; Dr. 2/4 iberiche); vino dalla Gallia (Pélichet 47/Gauloise IV) e dall’Egeo (pseudo-Cos en cloche); olio dall’Africa settentrionale (Tripolitana II; Africana I). L’importanza di questo porto potrebbe essere comprovata anche dalla presenza dell’epigrafe del classarius L.Valerius Maximus145; – nel corso della seconda metà del III secolo si assiste ad una notevole inflessione dell’attestazione materiale: il centro di Fabricia sembra in crisi, così come i centri dell’antistante costa continentale146; continua tut- tavia ad essere frequentato, anche se sporadicamente, almeno fino alla fine del IV/inizi V sec. d.C..
Ν. Τ.

L’ABBANDONO E LA FREQUENTAZIONE TARDO-ANTICA
di Fabio Fabiani
Abbiamo seguito fin qui il sorgere e lo sviluppo delle ville elbane come riflesso di una situazione economica particolarmente prospera in cui viene a trovarsi l’isola tra I sec. a.C. e I sec. d.C., sia che debbano essere intese come la residenza in posto di personaggi che sfruttano le potenzialità economiche dell’isola, sia unicamente come dimore di piacere. In modo analogo possiamo constatare che la decadenza e l’abbandono di tali strutture nella prima e media età imperiale riflettono la generale crisi economica in cui versa l’Italia e a cui nemmeno l’isola si sottrae.
F.F.
