L’antico popolo etrusco aveva una profonda conoscenza dei fenomeni naturali, come testimoniato dalle parole di Seneca nelle Naturales Quaestiones: “Poiché gli Etruschi avevano il compito di osservare i cieli sereni, e non di guardare il sole ma le tempeste, essi affermano che bisogna osservare quella nuvola che si estende fino al sole.” Questa osservazione riflette un approccio quasi protoscientifico, dove l’osservazione dei fenomeni atmosferici era ritenuta essenziale per comprendere la volontà divina e il destino degli uomini. Tuttavia, questa visione, seppur avanzata per l’epoca, rimaneva legata a un mondo in cui ogni evento era visto come il risultato diretto di cause specifiche e immediate.
Oggi, noi moderni, discendenti culturali di quei popoli antichi, ci troviamo in una posizione paradossale. Da un lato, accettiamo le più avanzate teorie scientifiche—la relatività, la complessità, la geometria non euclidea—che ci insegnano che il mondo è un intreccio di relazioni e dinamiche non lineari. Dall’altro, però, restiamo incatenati a una visione deterministica e semplicistica della realtà, simile a quella degli Etruschi, che concepivano ogni fenomeno come l’effetto di una singola causa.
Loro, come noi oggi, pensavano che le nuvole si formassero per la condensazione ad alta quota del vapore acqueo. Ma se loro interpretavano questo processo come un segno da decifrare, noi moderni, pieni di contraddizioni interne, ci illudiamo di poter spiegare tutto tramite un sistema chiuso di cause ed effetti, pur avendo abbandonato, almeno in teoria, il determinismo cartesiano. Questo paradosso emerge con forza quando, persino nel giudizio morale, continuiamo a considerare ogni errore umano come il risultato diretto e isolato di un’unica causa: un individuo, su cui ricade l’intera responsabilità, destinato a subire una pena proporzionata alla sua colpa.
Eppure, la Teoria della Complessità ci insegna che la realtà è ben diversa. Secondo questa teoria, i sistemi complessi, come le società umane o l’atmosfera terrestre, non possono essere compresi attraverso un semplice rapporto causa-effetto. Essi sono caratterizzati da interazioni multiple, retroazioni e dinamiche emergenti che sfidano la nostra capacità di previsione e controllo. Le nuvole stesse, simbolo antico di mutamento e imprevedibilità, sono il prodotto di una danza infinita di fattori: calore, umidità, pressione, e le stesse forze gravitazionali che, lungi dall’essere semplici leggi di Newton, possono essere viste come l’abbraccio materno della Terra.
E mentre la terra suda, rilasciando caldi vapori, l’acqua non cessa mai di trasformarsi, di cambiare forma e stato, di viaggiare per il mondo, tra cielo e terra, fin giù nelle viscere. Questo eterno ritorno dell’acqua è un esempio perfetto della complessità del mondo naturale, un ciclo che non può essere ridotto a una semplice catena lineare di eventi.
Tuttavia, l’uomo moderno, pur avendo a disposizione nuovi paradigmi scientifici, resta spesso schiavo di una visione cartesiana della realtà. Non riesce a comprendere appieno che la gravità non è solo una legge di attrazione tra masse, ma può anche essere vista come un legame profondo e materno che ci tiene ancorati alla Terra, in un sistema complesso di relazioni che sfugge a ogni semplice categorizzazione.
Siamo ancora prigionieri di un’epistemologia che fatica ad abbracciare la complessità del mondo, preferendo rifugiarsi in spiegazioni semplicistiche e deterministiche. E così, nonostante i progressi della scienza, continuiamo a interpretare la realtà con gli stessi limiti che già gli antichi Etruschi cercavano di superare.
