Ateneo, Deipnosofisti
SUGLI ETRUSCHI
§ 1.42.12 Aristotele, nei Costumi dei Tirreni: “I Tirreni cenano in compagnia delle loro donne, sdraiati sotto lo stesso mantello.”
§ 6.106.11 (I Romani) hanno derivato dai Tirreni la pratica di far avanzare l’intero esercito in battaglia in una falange serrata.
§ 12.14 E tra i Tirreni, che portano il loro lusso a un livello straordinario, Timeo, nel suo primo libro, riferisce che le serve attendono agli uomini in stato di nudità. E Teopompo, nel quarantatreesimo libro della sua Storia, afferma “che è una legge tra i Tirreni che tutte le loro donne debbano essere in comune: e che le donne prestano la massima attenzione al loro aspetto, e spesso praticano esercizi ginnici, nude, tra gli uomini, e talvolta tra di loro; perché non è considerato vergognoso per loro essere viste nude. E che non cenano con i loro mariti, ma con chiunque sia presente; e brindano con chiunque desiderino con le loro coppe: e che sono donne meravigliose nel bere, e molto belle. E che i Tirreni allevano tutti i bambini che nascono, senza che nessuno sappia a quale padre appartenga ciascun bambino: e anche i bambini vivono nello stesso modo di quelli che li hanno allevati, partecipando frequentemente a banchetti e avendo intimità con tutte le donne. E non è affatto considerato vergognoso tra i Tirreni né fare né subire qualcosa all’aperto, o essere visti mentre accade; perché è del tutto una consuetudine del loro paese: e sono così lontani dal considerarlo vergognoso, che dicono persino, quando il padrone di casa sta soddisfacendo i suoi appetiti, e qualcuno lo chiede, che sta facendo questo o quello, usando le parole più volgari possibili per la sua occupazione. Ma quando sono insieme in gruppi di amici o parenti, agiscono nel seguente modo. Prima di tutto, quando hanno smesso di bere e stanno per andare a dormire, mentre le luci sono ancora accese, i servi introducono a volte cortigiane, a volte bei ragazzi, e a volte donne; e quando hanno goduto di loro, procedono ad atti di licenziosità ancora più grossolani: e soddisfano i loro appetiti, e organizzano feste apposta, talvolta tenendosi a vista, ma più frequentemente facendo tende attorno ai letti, che sono fatti di listelli intrecciati, con stoffe gettate sopra di essi. E gli oggetti del loro amore sono di solito donne; tuttavia non sono sempre così selettivi come potrebbero essere; e sono molto belli, come è naturale per le persone che vivono delicatamente, e che si prendono molta cura del loro aspetto.” E tutti i barbari che vivono verso ovest, levigano i loro corpi strofinandoli con pece, e radendoli; e tra i Tirreni ci sono molti negozi in cui viene praticato questo mestiere, e molti artisti il cui unico impiego è questo, proprio come ci sono barbieri tra noi. E quando i Tirreni vanno da questi uomini, si affidano completamente a loro, senza vergognarsi di avere spettatori o di chi può passare. E molti dei Greci, e di quelli che abitano in Italia, adottano questa pratica, avendola appresa dai Sanniti e dai Messapi. Ma i Tirreni (come racconta Alcimo) sono così lontani nel lusso, che fanno anche il pane, e boxano, e frustano la gente al suono del flauto.
§ 14.31.9 Ma ai nostri giorni gli artisti fanno che gli oggetti della loro arte siano il guadagnare gli applausi degli spettatori nel teatro; per questo motivo Aristosseno, nel suo libro intitolato Banchetti Promiscui, dice — “Agiamo in modo simile agli abitanti di Paestum che dimorano nel Golfo Tirreno; perché è accaduto loro, sebbene fossero originariamente Greci, di diventare alla fine completamente barbarizzati, diventando Tirreni o Romani, e di aver cambiato la loro lingua e tutte le altre loro abitudini nazionali. Ma una festa greca la celebrano anche ai giorni nostri, nella quale si incontrano e ricordano tutti i loro antichi nomi e costumi, e si lamentano della loro perdita a vicenda, e poi, quando hanno pianto per loro, tornano a casa.
§ 15.12.4 Io, avendo trovato un libro di Menodoto di Samo, intitolato Una Cronaca delle cose degne di nota a Samo, ho trovato lì ciò che stavo cercando; perché dice che “Admete, la moglie di Euristeo, dopo essere fuggita da Argo, venne a Samo, e lì, quando una visione di Hera le apparve, volendo dare alla dea una ricompensa perché era arrivata a Samo dalla sua casa in sicurezza, si prese cura del santuario, che esiste ancora oggi, e che era stato originariamente stabilito dai Lelegi e dalle Ninfe. Ma gli Argivi, venutolo a sapere, e indignati per questo, persuase i Tirreni con la promessa di denaro, a usare la forza piratesca e a portare via la statua, — gli Argivi credendo che se questo fosse stato fatto Admete sarebbe stata trattata con ogni possibile severità dagli abitanti di Samo. Di conseguenza i Tirreni vennero all’ancoraggio di Hera, e sbarcati, si dedicarono immediatamente alla loro impresa. E poiché il tempio a quel tempo era senza porte, portarono via rapidamente la statua, e la portarono giù al mare, e la misero a bordo della loro nave. E quando avevano sciolto i cavi e levato l’ancora, remavano il più velocemente possibile, ma non riuscivano a fare progressi. E poi, pensando che questo fosse dovuto a un’interposizione divina, tolsero di nuovo la statua dalla nave e la misero a terra; e avendo fatto alcuni dolci sacrificiali, e offerti a essa, partirono con grande paura. Ma quando, la mattina presto, Admete diede l’annuncio che la statua era scomparsa, e fu fatta una ricerca, quelli che la cercavano la trovarono sulla riva. E loro, come barbari Cari che erano, pensando che la statua fosse fuggita da sola, la legarono a una recinzione fatta di vimini, e presero tutti i rami più lunghi da ogni lato e li intrecciarono attorno al corpo della statua, in modo da avvolgerla tutta intorno. Ma Admete liberò la statua da questi legami, la purificò, e la rimise sul piedistallo, come stava prima. E per questo motivo una volta all’anno, da allora, la statua viene portata giù alla riva e nascosta, e le vengono offerti dolci: e la festa è chiamata τονεὺς, perché accadde che la statua fu strettamente legata (συντόνως) da quelli che la cercarono per primi.
