Palazzo Spurinna all’Elba

Il Monte Castello di Procchio
Un articolo e un volume mai pubblicati

Per anni, ho lavorato a un testo di ricerca che è rimasto frammentato e sparso tra le bozze della mia mailbox, i documenti del mio notebook e del PC, e qualche accenno su blog o social. Ci tengo così tanto che prima di pubblicarlo, desidero che sia completo, arricchito, articolato e soprattutto inoppugnabile.

Il tema di questo articolo, che abbonda di riferimenti bibliografici in tutte le lingue che conosco, riguarda un argomento che, pur essendo di primaria importanza nel suo campo, è completamente trascurato nel mondo accademico, nei libri, negli articoli e nelle conferenze.

La storia del sito

La storia del sito ha due inizi distinti. Il primo inizia subito dopo una guerra poco conosciuta, della quale conosciamo solo l’episodio finale, ovvero la Battaglia di Alalia o Del Mare Sardo, situata tra il 545 e il 535 a.C. Secondo gli storici greci, i Greci, in particolare gli Ioni di Focea, non si limitarono alla pirateria in Corsica, ma attaccarono anche le terre vicine (Sardegna, Pianosa ed Elba), provocando la reazione dei legittimi governanti e la conseguente cacciata definitiva dei Focei dalla Corsica. Analizzando i dati archeologici e storici, si può dedurre che la costruzione della residenza etrusca di Procchio risale a questo periodo.

Il secondo inizio avviene a metà degli anni ’70 del secolo scorso, quando il pellegrinaggio abusivo di certi “appassionati” muniti di zappa e piccone divenne troppo evidente. Si racconta che un archeologo, giunto in cima al Monte Castello per un sopralluogo, trovò sacchi di reperti etruschi appesi agli arbusti e chiamò immediatamente le forze dell’ordine. Quando queste arrivarono, non trovarono più nulla. Questo episodio spinse la Soprintendenza a coinvolgere le università e avviare una campagna di scavo urgente. Furono recuperati molti materiali, poi lo scavo fu ricoperto e il sito abbandonato. I reperti furono divisi in tre lotti: due esposti nei musei di Portoferraio e Marciana, e il terzo inviato a Firenze per studi che non sono mai stati completati, nonostante il tempo previsto per queste ricerche non dovrebbe superare i 5-10 anni.

La situazione attuale

Nonostante l’edificio di Procchio sia forse la più grande residenza etrusca conosciuta, con una superficie di circa 1800 metri quadrati, non ha ricevuto l’attenzione che merita. A differenza di altre case etrusche, non è segnalata, protetta o promossa. Un esempio emblematico è la Casa dell’Impluvium di Roselle (GR), che misura solo 330 metri quadrati ma è presente su tutte le enciclopedie e compendi del mondo.

Nel mio articolo, mai pubblicato, esploro l’architettura delle varie case etrusche tra il VI e il V secolo a.C., incluse le forme tripartite come nel caso di Procchio, con ambienti interni tipo chiostro (atrium), stanze femminili con resti di telai, dispense, corredi ceramici e oggetti votivi. Sono convinto che si trattasse di un edificio residenziale, e non di una fortezza come sostenuto dal mainstream accademico senza alcuna riflessione critica.

Questa è la storia di un edificio del 500 a.C. che, a causa di una denominazione errata, è stato dimenticato dalla letteratura archeologica e dalle politiche culturali. Oggi, il sito è in uno stato di abbandono senza alcuna segnaletica. Se evitassimo di entrare nella diatriba sulla sua denominazione, potremmo affermare che si tratta del più grande edificio etrusco mai scoperto dopo il “santuario” di Murlo Poggio Civitate (SI). Speriamo che un giorno possa ricevere le attenzioni che merita e diventare un’attrazione turistica e archeologica di grande rilievo, forse sotto il nome di “Palazzo dei Principi Spurinna”.

Il mio obiettivo è portare alla luce questa storia, promuovere una corretta valorizzazione del sito e colmare il vuoto lasciato dall’assenza di pubblicazioni accademiche dettagliate, e dalla mancanza addirittura di una segnaletica in loco.

Lascia un commento