Uno dei momenti chiave fu senz’altro lo scontro del 1207 a. C. al quale Francesco fa riferimento.
La grande iscrizione di Karnak del Faraone Merneptah afferma anche che almeno tre dei popoli del mare, Ekvusc, Siculesc e Sarden, praticavano la circoncisione. Questo peró non fa certo di loro dei “semiti”, termine che starei molto cauto ad usare senza cognizione di causa e soprattutto in riferimento ad etnie precedenti al X secolo (cfr. David nel post qui sopra). Infatti, la pratica della circoncisione non è un’esclusiva dei giudei, nulla vieta che la pratica potesse essere diffusa anche ad altri popoli. Lo dimostra in modo inequivocabile il tono enfatico che si usa nella Bibbia per rimarcare la straordinarietà del fatto che i filistei (pelasct) non usavano circoncidersi, contrariamente a TUTTI GLI ALTRI. Nella Bibbia infatti i pelasct (filistei, peleshet, pelasgoi) sono l’unico gruppo etnico definito degli INCIRCONCISI.
Inoltre, le ceramiche e i manufatti dell’età del bronzo che definiamo micenei (o achei) e ciprioti non escludono l’eventualità di essere stati posseduti anche da siculesc, sarden e tursci, italici in genere. L’archeologia attesta ampiamente il fatto che intorno a quell’epoca (1200 a. C.) le ceramiche o i manufatti micenei e ciprioti sono presenti SIA in Palestina CHE in Sicilia, Sardegna e parte della penisola.
C’è un interessante studio dell’Università di Groningen che prendendo in analisi reperti da Israele, Cartagine, Andalusia e Lazio, propone delle datazioni nuove per quello che viene considerato il passaggio tra Età del Bronzo e del Ferro nel Mediterraneo Antico (ndr: lasciatemi usare le maiuscole, ho la licenza poetica).
Da questo studio ( THE IRON AGE AROUND THE MEDITERRANEAN: A HIGH CHRONOLOGY PERSPECTIVE FROM THE GRONINGEN RADIOCARBON DATABASE, autori J. Van der Plicht, H. J. Bruins, A. J. Nijboer) si dovrebbe “innalzare” la cronologia convenzionale di queste fasi di circa 50 anni.
L’iscrizione ΕΥΛΙΝ di Roma (ante Urbe Condita) non sarebbe più – come noto dalle ipotesi di Bietti Sestieri e Ridgway – databile 775 a. C., ma 825 a. C., che ne farebbe l’iscrizione alfabetica in lingua non fenicia (lingue italiche ed elleniche) più vecchia di tutte, antecedente addirittura alla più antica finora conosciuta, da Creta, databile circa 800 a. C.
Una Filosofia della Storia
NOI, GLI ARABI E ISRAELE
La guerra di Troia grazie ad Omero ci appare chiaramente nel suo quadro geopolitico – una coalizione di popoli della Grecia e dell’Egeo che attaccano e tengono sotto assedio per un ventennio la città stato alleata dell’Impero Ittita. Omero e nessun altro purtroppo raccontano di quello che doveva essere successo alle grandi città della Grecia e dell’Egeo, anch’esse distrutte nello stesso contesto bellico. Aiutandoci con documentazioni che provengono da altre fonti e in altre lingue, supportati inoltre dall’evidenza archeologica, sappiamo che la grande guerra si estese a tutta l’Anatolia, la Siria, il Libano, Israele, la Palestina, fino all’Egitto e alla costa africana. Emblematica fu la distruzione di Ugarit, città di mare, ricchissima, che fungeva da raccordo sulle rotte nord-sud tra Anatolia ed Egitto, e su quella est-ovest, tra Afghanistan e Iberia. Confluivano ad Ugarit per esempio, i tessuti e lo stagno dall’Afghanistan e da qui partiva il rame in lingotti a pelle di bue che raggiungeva la Sardegna e l’Iberia ad ovest, la Scandinavia a nord. A Ugarit passavano l’argento tartessico dell’Andalusia e l’ambra iperborea dei fiumi baltici. Sotto Ugarit si estendevano una dozzina di importanti porti, alcuni destinati al commercio del vetro, altri ad altri mercati, ma traversati dalla cosiddetta Via dei Filistei (poi Via Maris in latino) che si collegava alle vie di terra, la Via Regia, in direzione del golfo di Aqaba, alle miniere degli edomiti (poi prese da David e Salomone a metà X secolo) e ad est verso Babilonia.
A nord dell’attuale Striscia di Gaza, tra la grande guerra di cui abbiamo appena parlato (1200 av. Cristo) e la guerra di David (980 a. C. circa) ci sono per due secoli degli ALLOPHYLOI (αλλόφυλοι), coloni stranieri, che a me pare indiscutibile che siano gli stessi “popoli delle isole in mezzo allo OUADJ-OUR” dei quali ho parlato in un post di giorni fa, e che vennero in Palestina ad insediarsi per la guerra agli imperi che stavano combattendo, rimanendoci stabilmente fino all’espansione di David e Salomone (960 a. C.) alla quale seguì il dominio fiscale assiro (800 a. C.), lo stesso che spinse gli amici fenici a migrare verso i loro empori ad ovest e trasformarli in vere e proprie città stato, per sfuggire alla pressione fiscale eccessiva dei potenti assiri.
È in questo stesso lasso di tempo (980-800 a. C.) che si sviluppano le città etrusche, fenicie e greche in giro per il Mediterraneo, e soprattutto in Italia. Elementi assiri sono stati rinvenuti a Roma (prima di Romolo) nella necropoli di Osteria dell’Osa (la stessa della quale ho parlato spesso per l’iscrizione EYLIN/NILVE datata 780 a. C. Così come scarabei e ceramiche egizie si trovano a Nepi, Tarquinia, o addirittura a Tropea (Torre Galli), nonché elementi canaaniti a Pythecoussa (Ischia).
Credo che questo profondo legame (cfr. anche quanto ho scritto tempo fa sulle ceramiche nuragiche trovate a Cipro dall’équipe dell’Università di Goteborg, e le citazioni di Lo Schiavo e Sabatini, stessa università oggi) tra Palestina/Israele/Libano/Siria e Sardegna/Sicilia/Toscana/Lazio/Campania, che attraversa questi secoli dei quali abbiamo un “buio” storico, andrebbe considerato in maniera più convinta in analisi comparate, dal XIII al VIII secolo, per ricostruire quanto potenzialmente accaduto tra XII e IX secolo per ridare luce a quei tre secoli bui indispensabili per farci intendere lo “storico” come un tempo che inizia tra XVIII e XV secolo e darci modo di guadagnare un millennio perduto quando ci arrendemmo a considerarne il tempo come “protostorico”.
La cultura materiale filistea può essere considerata uno degli esempi più tipici in cui una cultura materiale distinta appare in un contesto geografico e cronologico limitato (cfr. Dothan 1982), e questa cultura è una cultura occidentale.
Questa cultura riflette infatti l’arrivo di una nuova popolazione da ovest verso la Palestina e la costa meridionale di Israele, in quanto comprende componenti che non si trovano nella Tarda Età del Bronzo e prima Età del Ferro nelle culture locali del Levante meridionale, mostrando collegamenti chiari con l’Egeo e Cipro, quindi con il miceneo e lontanamente col nuragico; così, probabilmente, da segnalarci l’arrivo di una popolazione immigrata (o più popoli), durante l’inizio del XII secolo a. C. (cfr. ad esempio, Dothan; Yasur-Landau; Ben-Shlomo).
In questo quadro, secondo me, quello che accadrà 800 anni più tardi, e cioé la conquista di quelle terre da parte dei Romani (e tre secoli prima da Alessandro), dovettero apparire a “noi” occidentali come una sorta di ritorno, così sentito da giustificare forse l’altrimenti incomprensibile infervoramento per la “spiritualità” locale. Ancora oggi, in un certo senso, siamo tornati ad occupare quelle terre, strappandole a quei popoli che le abitavano per restituirle ai figli di Isacco, come se non fossero passati quei 3000 anni da quando Re David le ebbe strappate a “noi” occidentali, che avevamo avuto l’ardore e la sfrontatezza di installarvicisi per attaccare persino il grande Egitto.
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Appendice
Su circoncisione e reperti micenici.
Uno dei momenti chiave fu senz’altro lo scontro del 1207 a. C. al quale Francesco fa riferimento.
La grande iscrizione di Karnak del Faraone Merneptah afferma anche che almeno tre dei popoli del mare, Ekvusc, Siculesc e Sarden, praticavano la circoncisione. Questo peró non fa certo di loro dei “semiti”, termine che starei molto cauto ad usare senza cognizione di causa e soprattutto in riferimento ad etnie precedenti al X secolo (cfr. David nel post qui sopra). Infatti, la pratica della circoncisione non è un’esclusiva dei giudei, nulla vieta che la pratica potesse essere diffusa anche ad altri popoli. Lo dimostra in modo inequivocabile il tono enfatico che si usa nella Bibbia per rimarcare la straordinarietà del fatto che i filistei (pelasct) non usavano circoncidersi, contrariamente a TUTTI GLI ALTRI. Nella Bibbia infatti i pelasct (filistei, peleshet, pelasgoi) sono l’unico gruppo etnico definito degli INCIRCONCISI.
Inoltre, le ceramiche e i manufatti dell’età del bronzo che definiamo micenei (o achei) e ciprioti non escludono l’eventualità di essere stati posseduti anche da siculesc, sarden e tursci, italici in genere. L’archeologia attesta ampiamente il fatto che intorno a quell’epoca (1200 a. C.) le ceramiche o i manufatti micenei e ciprioti sono presenti SIA in Palestina CHE in Sicilia, Sardegna e parte della penisola.
