JENAERTREFF

(un raccontino)

Pomeriggi di sesso hegeliano per una fenomenologia della mente
‘JENAERTREFF’

§

La fiamma danzava nel camino – αιθαλος, in un vortice di fumi e scintille crepitanti, dolcemente illuminando l’atmosfera, nell’intimità del focolare di Johanna. Mentre il caldo creava l’ambiente, Johanna teneva d’occhio i suoi quattro bimbi che stavano giocando in un’altra stanza. Suo marito, come al solito, non c’era, passava giornate intere a lavoro e il resto a sbronzarsi al bar. Ma quella sera era diversa, perché Johanna aveva invitato Hegel a casa sua.

Johanna aveva sempre ammirato Hegel, fin dal primo giorno in cui tramite Schelling le era stato offerto un lavoretto come governante a casa sua. Hegel si era trasferito dopo la brutta esperienza di Berna e il fugace amore con Nanette a Stoccarda, che non quaglió mai oltre qualche pomiciata. Johanna forse non coglieva l’enormità del suo pensiero ma si era invaghita, come stregata dai modi e dalla voce di lui, che sapeva affrontare le grandi questioni esistenziali con profondissima intelligenza e cultura. Aveva letto i suoi scritti, ne aveva assimilato le idee e ne era stata affascinata. Ma oltre alla sua mente brillante, Johanna sentiva un’attrazione profonda per l’uomo dietro le parole, per l’energia cosmica che emanava e per l’anima che albergava in lui. A volte credeva di riuscirne a visualizzare l’aura, come un alone di divino amore e verità. Voleva scoprire se quel fuoco interiore, così ardente nella sua filosofia, si rifletteva anche nella sua vita quotidiana.

Quando Hegel varcò la soglia di quella modesta dimora, gli occhi di Johanna si illuminarono di desiderio e di timore. Lui era lì, davanti a lei, il pensatore che penetrava le menti della gente. Lei scossa da un frenetico tremore come chi non sa se andare a destra o a sinistra, se prendergli il mantello o il cappello, se farlo accomodare sulla poltrona o sul divano. Certo lo accolse calorosamente e in un modo o nell’altro lo accompagnó in salotto, dove il camino continuava ad ardere con vigore. L’atmosfera si riempì di una quiete che solo il fuoco può regalare, e i due si sedettero vicini, pronti a condividere pensieri, sentimenti ed energia.

Mentre i figli giocavano felici, Hegel e Johanna parlavano di filosofia, di idee che danzavano nell’aria e si intrecciavano tra loro. Che cos’è la mente, Geist, uno spirito che pervade tutte le cose, generando la forma che è materia.
Le parole si susseguivano, cariche di passione e ricercatezza, mentre la connessione tra loro cresceva di intensità.
Hegel si accorse di quanto Johanna comprendesse le sue teorie, con una profondità e una sensibilità che non aveva mai incontrato altrove, poiché solo col cuore si traduce il senso.

Poi, in quella sera in cui il fuoco accarezzava l’aria, i due si guardarono negli occhi e scoprirono una scintilla che andava oltre le parole. ΑΙΘΑΛΙΑ, l’isola divina che s’era fatta quella stanza. Di SEΘLANS ed Efesto, divinità del fuoco, come il loro, YHWH, protettore dei minatori di rame dell’Edom. L’attrazione si trasformò da sguardo in abbraccio, leggeri i volti si contorsero in un bacio appassionato e le loro lingue e le labbra si avvilupparono disegnando cerchi. Mentre i corpi si fusero insieme e i sudori in commistioni di memoria liquida, Hegel sentì la conoscenza fluire dentro di lui, una nuova consapevolezza che solo l’amore può donare. Puto eam me amare ergo sum.

Dopo quel momento di fusione, Hegel tornò a casa e si immerse nella scrittura del suo libro. Ma qualcosa era cambiato in lui. La sua teoria della conoscenza si trasformò, poiché aveva scoperto che l’atto di unione tra due corpi poteva portare una comprensione più profonda del mondo. Nel colmo della distanza, quando ci si scopre nella presenza dell’altro, si rivela una parte di sé che mai si era riusciti a vedere. E quella scoperta, quella connessione, era la chiave per comprendere sé stessi e…

La notte era calma e silenziosa quando Hegel si sedette alla sua scrivania, pronto a plasmare i pensieri che quel momento di intimità aveva risvegliato in lui. La penna scorreva sul foglio, cercando di catturare l’essenza di quell’esperienza che aveva cambiato la sua prospettiva sulla conoscenza umana.

Nel cuore di Hegel, l’amore si era rivelato come un fenomeno fondamentale, capace di trasformare l’individuo e di aprire porte verso una comprensione più profonda del mondo. In quel momento di unione con Johanna, aveva sperimentato una fusione di corpi e anime, un’interazione che andava oltre le barriere dell’intelletto.

Sui suoi quaderni apparivano appunti di pensieri disposti come in riquadri che andavano a formare degli alberi. Le parole come foglie appese ai rami di uno schema, un sistema in cui riorganizzare tutte le emozioni vissute con Johanna. E scriveva quà e là, anche su fogli volanti:

“… in un secondo momento rivela la dimensione del desiderio, in cui l’autocoscienza in definitiva dipende interamente da un oggetto e manifesta dolorosa il proprio bisogno patologico di possedere senza mai avere pieno successo, l’oggetto che invece resta improprio, altro.
Infine, la realizzazione del concetto di autocoscienza è possibile solo attraverso un cambiamento di prospettiva, cioè solo quando la fiducia in se stessi individuale non è più correlata al negativo di un oggetto, ma entra in relazione con una diversa fiducia in se stessi, che nel suo essere è insieme identità e differenza in egual misura – nell’amplesso sono io perché siamo noi, come in una somma maggiore dei suoi addendi.
Nel differimento e nella rinuncia a sé esso si dona, e nel darsi realizza la sua pretesa di esporsi all’essere diverso e di riconoscersi in esso.
Il suo bisogno di essere per se stesso può effettivamente essere realizzato solo se in relazione ad un’altra autocoscienza che ha bisogno anch’essa di riprodursi in un movimento equivalente: su e giù, dentro e fuori. Sorge una speculativa compresenza di relazione, indipendenza e alterità, che si rivela per noi il punto di vista filosofico sulla verità della sostanza spirituale.”

“Attrazione e conoscenza”, sussurrò Hegel tra sé e sé, cercando di plasmare quella nuova visione nel suo libro. L’amore, aveva capito, non era solo un sentimento fugace, ma un percorso verso la conoscenza di sé e dell’altro. Nell’atto dell’amore, si dismettono le maschere che indossiamo nella vita di tutti i giorni e ci si rivela nella sua forma più autentica. Sotto la maschera vive un soggetto, che amato si mostra.

Le parole danzavano sulla pagina mentre Hegel sviluppava il suo nuovo concetto. L’amore, proclamava, non era solo una forza emotiva, ma una via di accesso alla verità e alla consapevolezza. Era l’atto in cui due individui si perdevano per ritrovarsi, si completavano l’un l’altro in un processo di reciproca rivelazione.

La mattina seguente, Hegel riprese le redini della sua vita come solito, ma una luce nuova brillava nei suoi occhi. Si immerse nella scrittura, guidato dalla passione di esplorare l’interconnessione tra l’amore e la conoscenza. Mentre le parole prendevano forma, Hegel si sentiva libero, libero di esprimere il suo pensiero più profondo e di offrire al mondo una nuova prospettiva sulla natura umana.

La Fenomenologia dello Spirito, opera maestra di Hegel, prese forma come un viaggio attraverso le molteplici manifestazioni dell’amore e della conoscenza. Vi sostenne che l’amore è il mezzo attraverso il quale l’individuo si confronta con l’Altro, rivelando la sua verità più intima. Era un ponte che collegava il mondo sensoriale a quello razionale, trasformando l’attrazione fisica in un’esperienza cognitiva.

Il libro di Hegel fu accolto con grande interesse e dibattito. La sua nuova visione sulla conoscenza umana, permeata dall’esperienza amorosa, gettò le basi per una rivoluzione filosofica. Gli intellettuali si interrogarono sul significato dell’amore nella ricerca della verità, e l’opera di Hegel si diffuse rapidamente in tutto il mondo accademico. Ancora oggi, oltre due secoli dopo, l’amore adultero ed illecito tra Hegel e la sua governante, pur essendo storiella da gossip accademico, deborda e viene alla luce ad un occhio ierofanico, dalle righe e gli spazi vuoti tra le parole dei suoi famosi studiatissimi libri.

Una volta mi ritrovai invitato da un amico castigliano nella sua soffitta di San Martino a Pisa. Victor Infantes, filosofo, pittore e soprattutto bibliofilo, se non meglio bibliomane. Era pazzo quanto me, andavamo d’accordo come pochi. Quella notte aveva pagato una ragazza, forse una prostituta tossica, per posare per lui, e ne fece un quadro straordinario, mentre io parlavo della bella inserviente tracia di Talete, tra un bicchiere di Morellino e un Rosso di Montepulciano, lui spennellava la rosea carne della traviata ragazza sulla tela rimproverandola di non muoversi, io versavo fiumi di vino, e lui mi raccontava di come il vecchio porco di Hegel palpava il culo alla sua governante. Questa storia si radica in quel vituperio di notte alcolica ed impressionista.

Nel frattempo, Johanna rimase nella vita di Hegel come una musa silenziosa, una presenza costante nella sua mente e nel suo cuore. Anche se il loro incontro rimase un segreto, del quale i soli al corrente dovevano essere i quattro marmocchi dal babbo ‘briacone.

Mentre la fama di Hegel cresceva e la sua opera si diffondeva, Johanna continuava a svolgere il suo ruolo di governante con devozione. I suoi figli giocavano felici e ignari delle complessità del mondo e delle fenomenologie della sacra mente del pianeta, e Johanna, pur nella sua umiltà, custodiva il segreto del legame profondo che aveva con il più grande filosofo della modernità.

Le giornate trascorrevano tra il frastuono dei bambini e le lunghe riflessioni di Hegel, che si era immerso ancora una volta nella scrittura. Johanna, nel suo silenzio, affinava la sua comprensione dell’amore e della conoscenza, riconoscendo l’importanza di quella connessione profonda. Una sera, mentre la luce del tramonto si rifletteva sul viso di Johanna, Hegel si avvicinò a lei con un sorriso malizioso. “Johanna,” disse con dolcezza, “sei stata l’ispirazione dietro la mia nuova prospettiva sulla conoscenza. La mia opera è nata grazie al nostro incontro e alla profonda connessione che abbiamo condiviso.”

Le lacrime si affacciarono negli occhi di Johanna, che a stento riuscì a pronunciare le parole: “Fritz, sei il faro che illumina il mio cammino. La tua intelligenza e la tua passione mi hanno aperto nuovi orizzonti. Non ho mai conosciuto un amore così ricco e profondo.”

Quel momento di intimità e rivelazione rinsaldò ancora di più il legame tra loro. Hegel e Johanna si sostennero reciprocamente, alimentando la fiamma dell’amore e della conoscenza che ardeva in entrambi. Mentre la vita li portava avanti, continuavano a esplorare insieme le trame dell’esistenza umana.

Nel corso degli anni, Hegel divenne un punto di riferimento nel panorama filosofico, e Johanna rimase il suo anello segreto, il legame concreto che alimentava la sua ispirazione. Anche se non erano sposati nel senso tradizionale, la loro unione spirituale superava qualsiasi formalità.

La Fenomenologia dello Spirito divenne un testo fondamentale, citato e discusso in tutto il mondo accademico. Hegel continuò a sviluppare le sue teorie e le sue visioni sulla filosofia dell’amore e della conoscenza. E ogni passo che compiva nel suo cammino intellettuale, Johanna era lì al suo fianco, sostenendolo con affetto e comprensione.

Gli anni passarono e, sebbene il tempo avesse segnato il loro volto, l’amore tra Hegel e Johanna restò immutato. Era un amore che andava oltre le convenzioni sociali, che sfidava le definizioni e si rivelava nella sua forma più autentica. Era un amore che aveva nutrito l’anima di Hegel e aveva dato vita a una delle opere filosofiche più influenti della storia.

Un amore maturo, definitivo, completo. Lontano dall’infatuazione del giovane Hegel per la bella Auguste, la barista dell’enoteca in cui passavano le loro serate lui e i compagni di stanza Hölderlin e Schelling.

Una volta Hegel scrisse di Auguste su un foglietto:

È finita l’era del vino!
È iniziato il tempo dell’amore !
Evviva la…
Evviva Auguste!

Lascia un commento