Crawley, Lévi-Strauss e le donne vendute

SULLA FINE DI MONOGAMIA, MATRIMONIO E FAMIGLIA

In una società in cui la famiglia è disgregata, – per cause di forza maggiore, con le donne che sono impegnate col lavoro, i vecchi sono badati da donne extracomunitarie, i bambini vanno a scuola già a 3 anni – in una società del genere il concetto di famiglia di qualche decennio fa non è più adeguato.

Purtroppo l’inconscio collettivo è in preda a sovrastrutture culturali e fiabesche per cui il valore del “trovare marito” agisce in automatico guidando le donne verso obbiettivi impropri. 

Ernest Crawley, antropologo britannico dell’800, oggi quasi dimenticato, ma ai suoi tempi ampiamente considerato – al punto che pubblicava il suo Mystic Rose nella stessa collana del Ramo d’Oro di Frazer, e che Freud leggeva, e al di cui concetto di “tabù dell’isolamento personale” si ispiró per elaborare la sua teoria del “narcisismo delle piccole differenze” – Crawley, appunto, sosteneva, se la memoria non m’inganna, che il matrimonio nasce come istituzione per combattere la speculazione del mercato sessuale. Crawley sosteneva quindi che il mestiere più vecchio del mondo sarebbe stato addirittura più antico del matrimonio stesso.

Di recente, Jean-Claude Muller, professore all’Università di Montreal, ha ricordato la stupefacente teoria di Claude Levi-Strauss sul “Prezzo della sposa”, dove il matrimonio è visto come uno scambio tra gruppi sociali, e il prezzo della sposa rappresenta la compensazione economica che una famiglia riceve per “cedere” una donna in matrimonio. In fondo non dimentichiamoci che fino a poco tempo fa la “dote” era un contributo versato dalla famiglia della sposa per compensare lo sposo del peso di cui prometteva di farsi carico. Io stesso, ricostruendo la genealogia e la storia della mia comunità mi sono imbattutto in un testo che registra tutti i contratti tra famiglie per la cessione della sposa, tra fine XVI e inizi XVII secolo, chiamato proprio “Libro delle doti”. 

Tornando a Lévi-Strauss, dice che il prezzo della sposa svolge un ruolo cruciale nella creazione e nel mantenimento delle alleanze tra gruppi sociali. In molte società, questo scambio non è semplicemente un trasferimento di beni, ma un meccanismo simbolico che contribuisce a stabilire relazioni sociali più ampie. Il prezzo della sposa può assumere varie forme, come doni, servizi o altri tipi di risorse. Certamente, il fatto che la donna “tribale” sia ridotta ad oggetto di contrattazione e scambio, e abbia un valore economico, non ci allontana molto dal lenocinio e dalla prostituzione. 

L’analisi di Lévi-Strauss si concentra sulle strutture complesse e semicomplesse create attraverso questi matrimoni. L’idea chiave è che il prezzo della sposa facilita lo scambio di donne tra gruppi, contribuendo così a mantenere equilibri sociali e a rafforzare legami tra comunità. E – per dirla con Crawley – aiuta a combattere lenocinio, adescamento, tratta delle donne e prostituzione. 

Jean-Claude Muller sembra quasi sorpreso dalla scoperta che nella teoria di Lévi-Strauss si sostenga questa fenomenologia dello scambio, e riflette sul modo in cui questa prospettiva si allinea o differisce dalle pratiche matrimoniali in genere.

Ma oggi, diciamocelo, che senso ha ancora il matrimonio, se non quello di tenere in vita un’etica tribale – che, tra parentesi, non interessava tutte le culture – e rallentare un processo di sviluppo storico che è chiaramente diretto verso una nuova società dove questi valori risulteranno completamente obsoleti, e conviene “portarsi avanti col lavoro”, e pensare piuttosto a come mantenere vivi amore ed umanità nel percorso edicativo dei nostri figli e dei posteri, figli senza famiglia, struttura meravigliosa e perduta, necessariamente da rimpiazzare in questa funzione.

Non sarà certo continuando imperterriti a sposarsi che argineremo il cambiamento ineluttabile incluso nel nostro destino. 

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