Occhio a Cézanne

Cézanne e il tessuto interconnesso della percezione

 Paul Cézanne, nato 185 anni fa ad Aix-en-Provence, ha trasceso i confini convenzionali dell’arte approfondendo l’intricata relazione tra osservatore e osservato.  Qui si sceglie di interpretare la filosofia artistica di Cézanne attraverso la lente del panpsichismo, esplorando come le sue opere riecheggino una profonda comprensione dei fili intrecciati che collegano il percettore al percepito.

Ripartendo da uno scritto di Merleau-Ponty au Tholonet del 1960, ci dotiamo dello strumento concettuale adeguato a un’esegesi filosofica dell’intenzione di Cézanne: l’occhio umano come un nodo nel tessuto. 

Possiamo azzardare che Cézanne rifiutasse la nozione di osservatore distaccato, esterno e divino. Che invece, immaginasse l’occhio umano come un nodo intricato nel tessuto dell’esistenza.  

Questa prospettiva, parafrasante la filosofia di Merleau-Ponty sulla questione, enfatizza l’inseparabile coinvolgimento dell’osservatore all’interno del tessuto stesso che cerca di comprendere. Oltre i contorni dei soggetti.

Dettaglio rielab. graf. quadro di Cézanne, La Sainte Victoire

L’allontanamento di Cézanne dai ‘contorni oggettivi’ riflette il rifiuto di un’ontologia rigida e oggettiva.  Una montagna, quando dipinta, non è una mera rappresentazione della sua forma oggettiva;  piuttosto, rimane impigliata nell’atto della percezione.  La tela non cattura la montagna in sé ma il filo che la lega allo sguardo del pittore, riconoscendo l’interazione dinamica tra soggetto e oggetto. Non si dà alcuna ‘rappresentazione’, mai. Sempre contaminazione (o Zusammengehörigkeit heideggeriana) di osservatore ed osservato.  Cézanne ha riconosciuto che l’atto di osservazione altera ciò che è osservato, portando a una rappresentazione sfumata che trascende i rigidi quadri ontologici, in linea con le teorie della fisica quantistica. 

La presenza dell’osservatore diventa parte integrante del processo artistico, creando un rapporto simbiotico tra l’artista e il soggetto.

L’approccio di Cézanne suggerisce che una montagna non si svela all’artista entro i confini di un’ontologia oggettiva.  Si dissimula invece nell’atto della visione, fondendosi nell’esperienza percettiva dell’osservatore.  L’occhio e la montagna sono fatti degli stessi atomi. Ciò che viene dipinto sulla tela non è una rappresentazione statica della montagna ma la connessione dinamica tra la montagna e l’occhio del pittore.

Nel commemorare Cézanne, riconosciamo un artista che ha sfidato i confini artistici tradizionali, abbracciando una prospettiva panpsichica che riconosce la profonda influenza dell’osservatore sull’osservato.  L’eredità di Cézanne ci invita a riconsiderare la natura della percezione e della rappresentazione, sottolineando il tessuto interconnesso dell’esistenza intrecciato attraverso l’atto della creazione artistica.

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