Kuhn, Cassirer e le forme a priori di Kant

Leggendo sommariamente Cassirer abbiamo creduto di intuire una certa familiarità tra i suoi sistemi di forme simboliche e il senso che – dopo Kuhn e parafrasandolo – si dà oggi al termine paradigma, non solo in relazione agli assunti della comunità scientifica, ma anche per il linguaggio simbolico e l’insieme dei presupposti che caratterizzano un’intera cultura.

Cercando conferme di questa consonanza teoretica, le abbiamo felicemente trovate in un articolo del 2008 scritto da Michael Friedman, Ernst Cassirer and Thomas Kuhn: the neo-kantian tradition in history and philosophy of science. A noi sembra un po’ forte la sua affermazione che Kant non abbia capito che le forme a priori della conoscenza non sono fisse ma variabili, opteremmo piuttosto per assumere che ve ne possono essere di dinamiche e pure di statiche.

Alla fine, grazie a Friedman, possiamo ricostruire anche una sequenza diretta che porta dal pensiero di Cassirer a quello di Kuhn. Egli racconta infatti di come – tramite Meyerson e Koyré – le forme simboliche siano arrivate a Kuhn, per prendere le sembianze scientifiche di paradigmi.

L’influenza di Das Erkenntnisproblem all’inizio del XX secolo ha segnato profondamente la storia della scienza, soprattutto tra gli studiosi con un orientamento filosofico più pronunciato. Figure come Emile Meyerson, Léon Brunschvicg, Hélène Metzger, Anneliese Maier e Alexandre Koyré sono stati particolarmente influenzati, con quest’ultimo che ha avuto un impatto significativo su Thomas Kuhn.

Kuhn, nel suo libro su Planck e la radiazione del corpo nero (Black-Body Theory and the Quantum Discontinuity, 1894–1912, 1984), riconosce l’importanza del concetto di ricostruzione storica, attribuendolo principalmente ad Alexandre Koyré e alle radici neo-kantiane. Verso la fine della sua carriera, Kuhn non solo ha caratterizzato la sua concezione filosofica come una versione dinamica del kantismo, ma ha anche esplicitamente riconosciuto il background neokantiano nella sua storiografia.

La tradizione storiografica del XX secolo presenta due filoni distinti: uno più kantiano legato a Brunschvicg e Maier, e un filone più “cartesiano” associato a Meyerson e Metzger. Meyerson ha esercitato un’influenza considerevole sulla storiografia di Koyré, insieme a Brunschvicg, Metzger, Maier e anche Cassirer. La prospettiva filosofica condivisa da Meyerson e Koyré è opposta a quella originariamente espressa da Cassirer.

Cassirer e Meyerson presentano visioni divergenti della storia filosofica della scienza. Per Cassirer, è un processo di evoluzione razionale, passando da concezioni sostanzialistiche a concezioni funzionali. Meyerson, al contrario, vede la storia come una progressione dialettica, dove la ragione cerca di rafforzare l’impulso sostanzialistico, incontrando la resistenza irrazionale della natura. Meyerson vede il trionfo della rivoluzione scientifica nell’atomismo meccanicistico e nella conservazione dell’energia, rappresentando la resistenza naturale alle richieste logiche umane.

Oltre a salvare Kant dalle grinfie critiche di Friedman, suggeriamo un pensiero rivolto al tempo onduoso non lineare di G. B. Vico.

Lascia un commento