Nei ricorsi vichiani della storia càpita che una luce più forte emani dalla Grande Mente empedoclea{1}. Allora i dormienti eraclitei si sveglicchiano, e nell’ipnopompo dell’umanità dal dormiveglia crescono coscienze{2}.
Non che la coscienza sia un vene, né un male, essa è solo una condizione più o meno manifesta, che tenda la mano alla philia in resilienza ad un allarme neikotico.
L’uscita platonica dalla tenebra ipogeica alla superficie ΓΑΙΑ, una locazione casistica etrusca -ΘΙ.
Le Grand Autre lacaniano attraverso una diffusa e capillare azione, come multiverso, avvicina terribilmente e meravigliosamente le due facce giano-bifrontali di pensiero ed essere. Parmenidamente ΝΟΕΙΝ και ΕΙΝΑΙ si toccano e si mescolano. È l’amplesso della ΑΛΗΘΉ, disvelamento, rottura dell’imene della Dea, caverna, ΑΘΡΙΑΛ etrusco, accesso, passaggio, (s)confinamento.
Le cose doppie ed antitetiche si mostrano come gradazioni su una retta attraverso lo spazio psichico universale del Grand Autre – o ΙΕΡΉ ΦΡΗΝ. Il bianco non è più oggi l’opposto altro del nero. Essi sono sfumature distanti della stessa retta, della stessa cresta di onda. Due punti distanti, facce di una stessa medaglia. Come in un QVADRIVIVM junghiano, stavolta conta il centro della croce e non i suoi punti cardinali e decumaniali.
Fase “Albeggia!” per l’umanità come Universale, in una fisica della Distruktion, dove il Particolare si disintegra e muore.
Aumenta il senso di eternità, il tempo sembra ridimensionato.
QVIA TEMPVS AMPLIVS NON ERIT. Integrati, apocalittici e watzlawickiani.
