Il nostro mondo multiversale, col suo approccio antipitagorico ai numeri, ha messo al centro la mathesis inanimata dell’aritmetica. La magia che portava tutti i numeri a qualcosa è un’arte dimenticata, oggi tutte le cose vengono ridotte a numeri, in nome di una ragione inversa in cui l’assioma “cosa è utile per noi” ha ribaltato la priorità. Noi siamo passati in secondo piano, interamente determinati dall’Utile che ci sovrasta. Alcuni propongono una re-visione del mondo, un Weltanschauung verändern. Tra questi la collapsologia, con l’aggiunta di un apocalittismo gentile, apre nuovi orizzonti nell’analisi dei dati e dei modelli, unendo aree del pensiero che in precedenza risultavano disconnesse. Favorisce un’interdisciplinarietà estrema e le “scienze della complessità” per integrare dati qualitativi oltre a quelli quantitativi nella scienza e problematizzare le ipotesi di lavoro. Nella fenomenologia del come andrà a finire (male) sono i concetti stessi di fine e di male che vanno rivalutati. Un po’ come si fa con la morte, che la si contempla per imparare ad apprezzare di più la vita. L’obiettivo è quello che vari filosofi della scienza hanno definito una scienza “post-normale”, e noi dobbiamo rispondere cosí alla battuta di chi ci dice “voi non siete mica normali !”, “siamo post-normali”, accettiamo che se le norme non ci offrono sbocchi a questioni problematiche nelle quali ci ritroviamo impelagati, allora conviene infrangere la regola. Non siamo anormali, anormale è ció che non ha norma. Siamo post-normali, perché infrangiamo le norme inefficaci, e le infrazioni che perpetriamo sistematicamente si fanno nuove norme. Adottiamo una revisione che ammette nuovi modi per risolvere problemi scientifici quando i fatti sono incerti, i valori sono in conflitto e decisioni urgenti e ad alto rischio devono essere prese. Questo approccio ci consente di mescolare ogni tipo di conoscenza, valore e credenza per analizzare soluzioni. In tutto questo processo epistemologico diventa basilare una formazione alla storia delle scienze, delle religioni, delle geopolitiche. L’antichità, cosí come l’esotico estremo, offrono visioni remote, paradigmi alternativi, modelli altrimenti ignoti, e formule semplici ed efficaci. La filosofia della storia e dell’archeologia sono discipline essenziali alla riuscita della nostra Weltanschauung Veränderung. Occhio peró alla scelta dei mezzi e al senso che diamo loro, tenendo conto che la prospettiva è di ricapovolgere il rapporto Utile-Noi, in una dimensione post-antropocentrica, come in una geometria escheriana, dove per scendere si sale. Non consideriamo l’esperienza dei social media come misura di come questo approccio “post-normale” potrebbe funzionare, ma sfruttiamola e affrontiamola con vivido scetticismo, in ascolto critico delle sue sirene canterine.
Il pericolo della “scienza post-normale” è che ci si possa muovere infinitamente in una palude di pregiudizi di conferma, dove le immagini e le dichiarazioni più inflazionistiche e scatenanti emozioni prevarranno, portandoci alla deriva di pseudoscienze e fantarcheologie, in un delirio che galleggia sugli abissi. Con i nostri cervelli programmati, il pathos divorerà sempre il logos e l’ethos, seppure questi ultimi non sono niente senza enthousiasmos. Questo peró non significa che l’approccio “post-normale” debba essere scartato. Al contrario, si tratta di un invito a un’attenta riflessione e consapevolezza nell’uso di tale metodologia. Una gestione oculata del pensiero potrebbe traghettarci verso quella che potremmo definire una “post-normalità responsabile”, porto riparato e sicuro.
In un mondo in cui le crisi ambientali, sociali ed economiche sono sempre più evidenti, e poteri semiocculti muovono i fili di burattini guerrafondai, la capacità di adottare un approccio che combini saggiamente empatia e razionalità diventa cruciale. Un sentimento post-emozionale alla Damásio è necessario. Pensare col cuore e sentire con la testa. È essenziale trovare un equilibrio tra l’incorporo di valori e prospettive diverse e l’evitare di cadere nel vortice della manipolazione emotiva.
La sfida sta nell’adottare una mentalità critica, utilizzando l’approccio “post-normale” come strumento flessibile e non come verità assoluta. Solo così potremo affrontare in modo responsabile e pragmatico i dilemmi che il futuro – sempre più presente – inevitabilmente ci riserva, traghettando il pensiero nella post-normalità in modo equilibrato e consapevole. Anche a costo di accettare conseguenze apocalittiche e collassi globalizzati.
