La vera storia romana di PIAZZA DELLA REPUBBLICA A PORTOFERRAIO



Ancora a proposito dell’antichità di Portoferraio, alcuni passi del diario del Sarri, sergente alla Porta a Mare (La Gran Guardia) tra la fine del ‘600 e gli inizi del’ 700, ove riporta degli scavi da lui seguiti che furono fatti per le fondazioni di alcuni edifici attorno al 1700.
Il resoconto, già solo per quegli anni è impressionante. Ancora di più lo è pensare a quanti edifici romani debbano essere stati scoperti e poi ricoperti da palazzi, chiese e piazze, soprattutto nei primi anni dei lavori medicei, a partire dal 1547.
Ai tempi di Sarri gran parte della città era già stata costruita su rovine romane delle quali fino ad ora non avevamo grosse testimonianze, ma delle quali molto siamo venuti a sapere da uno studio appena pubblicato da Ilaria Monti, Fabrizio Paolucci e Michelangelo Zecchini, dal titolo PORTO FERRAIO MEDICEA, SCAVI E SCOPERTE 1548-1555. IL TEATRO, IL SATIRO E LE TESTE COLOSSALI, nel quale si riportano decine di lettere da Cosmopoli agli inizi dei lavori di Cosimo. Si capisce come tutte le statue, i vasi, le lapidi e altri reperti di epoca romana, che erano moltissimi, appena venivano alla luce, venissero puntualmente traslati a Firenze, da dove quasi sempre se ne perdono le tracce.

Credo che sia un’assurdità assoluta lo story-telling di una Portoferraio NATA nel 1547 DAL NULLA, per volontà esclusiva di Cosimo de Medici. La vera storia è molto più antica. Molto vi ho già raccontato in precedenti articoli, come quello uscito sul Tirreno due anni fa
https://www.iltirreno.it/piombino/cronaca/2021/09/17/news/alla-linguella-alla-ricerca-della-mitica-regina-alba-e-della-fabricia-ferraria-1.40714422
o l’ultimo uscito su Elbareport la settimana scorsa
https://www.elbareport.it/arte-cultura/item/62037-un-nome-di-citt%C3%A0-dell%E2%80%99et%C3%A0-del-bronzo-all%E2%80%99isola-d%E2%80%99elba

Proprio ieri ho letto un’intervista sul Telegrafo ad un architetto che auspicava un recupero della Piazza della Repubblica ai fasti della medicea Piazza d’Arme. Ho pensato che quel prestigioso architetto ignorasse la prima storia di quella piazza, dato che non l’ha affatto menzionata, non come quartiere di Porto Argo, dell’età imperiale di Adriano ed Attiano. Cosí, anche per l’amica Valérie che lo ha intervistato, riporto il brano dal diario di Sarri proprio su Piazza d’Arme, oggi funzionale come parcheggio a pagamento di Piazza della Repubblica.

[dal Manoscritto Sarri, Persephone Edizioni]

In Piazza d’Arme fù fatta una bellissima cisterna, e assai capace. Dalla Chiesa del Carmine, sino a Porta di Terra, fù lastricata tutta quella strada, e nell’istesso tenpo fecesi un quartiere sotto l’Altesi con, una scala a due branche assai magnifica, che serve anche per strada dà ove si va all’Altesi.

E per che la catena con la quale si serra la bocca della darsena, ha il tratto assai lungo, fu ordinato dà Sua Altezza Reale si strettisse la bocca; onde dall’ingegniere fù compenso fare dà una parte, e preso per
dall’altra due sassaie, sopra delle quali poi si doverà formare altre fabbriche di considerattione.

Cisterna di piazza

Nell’escavattione della detta cisterna, sotto il piano del terreno, che in oggi vi si ritrova, circa quattro braccia, si cominciò à ritrovare muraglie
antiche; la struttura delle quali ben dimostravano esser di quelle fatte al tempo de Gentili; e per che lo sterro fù assai grande, non tanto per il recipiente di detta cisterna, che per li cisternini, e condotti, si ebbe occasione di scoprir molto, per ciò. Le muraglie che si trovarono mostrarono muri laterali, separattioni, e diversi pavimenti di stanze quali di marmo, e quali di mattoni, e quadroni assai belli. Vi si trovò un piano di stanza fatto con pezzi di marmo bianco longhi due braccia, e mezzo, larghi uno, e ogni pezzo alto quasi un braccio; ne si sa à qual’effetto havessero tal grossezza. Altri piani di stanze si ritrovorno fatti di mattoni quadri longhi, la maggior parte di terra cotta, con inscrittioni varie sopra; quali come già si descrisse, et altri con i seguenti cioè Bibulus altri Caius altri Ortentius altri Forus altri Sextus, li quali tutti si crede fossero nomi de fornaciai, o de padroni delle fornaci di quei tenpi; frà la terra si ritrovarono più monete antiche, quali erano consolari, e quali d’inperatori romani. Vi fù ritrovo molti chiodi di rame, e di bronzo; e qualche lastra di piombo. In un piano di stanza era una lapida quadra perfetta di larghezza d’un braccio, e di marmo bianco, con un inscrittione inpressa non ben intelligibile, per che oltre esser corrosa in parte, le parole erano quasi tutte abbreviature, la figura della quale copiata nella forma che stava qui sotto si dimostra

EXIS: MOS: ICIPP: DOMINUS SIQUID: TENPUS PERMANERE NEC NON IN STA: FUIT ET ERIT SEMPER FELIX

varie interpretattioni dà persone dotte gli furono date, e per che alcuni dissero essere una lapida di sepolcro, si cercò escavar più in basso, ma in effetto non si ritrovò altro. Altra cosa di maggior rimarco non si trovó.

[…] non è però chi possa accertarsi d’altro, che di quanto in appresso dirò per haverli scoperti, visti, e riconosciuti io medesimo in occasione di restaurarne, e accresciere le fortificattioni fattevi fino dell’anno 1547 dal Gran Cosimo de Medici; poi che in occasione di scavar del terreno, e trasportarlo per riempire il bastione chiamato in oggi di S. Cosimo, per tutto il tratto di terra che chiamano La Linguella, ritrovai fondamenti e muri, contigui uno all’altro di considerattione, e veramente alcuni in forma di bagni. Distante circa trenta passi da quella torre che stà in bocca del porto frà l’altre cose ritrovai un ara d’altare di forma quadra perfetta, dà una parte attaccata alla muraglia del tempio, e tre parte sciolte, la larghezza delle quali non era più di due braccia fiorentine; la parte d’avanti però havea sei scalini bellissimi di marmo bianco larghi un braccio, per mezzo de quali si ascendeva all’altare; ma dalle due parti laterali vi erano altri scalini stretti del doppio, ma alti il medesimo, che in quanto all’altezza faceano il medesimo piano. La sommità era guarnita di una cornice di marmo bianco simile à quello delli scalini d’ordine ionico; il pavimento del tenpio era di marmetti à mandorla di vari colori, in particolare bianchi, e bardiglio. Contigue al detto tenpio, più vicino alla torre si ritrovorno stanze, o vestigie di quelle, le mura delle quali si elevavano dal piano solo due braccia, il dipiù demolite ma quello vi era restato, si vedevano intonacate, e dipinte à fresco di colori bellissimi particolarmente rosso focato, che pareano fatte di pochissimo tempo. Il loro pavimento era di mosaico, quale in una forma, e quale in altra, ma benissimo lavorati, et intatti.

Dal’haver ritrove le suddette cose, e per haver auto occasione, e per ordine del Sovrano Principe di risarcire, accresciere, rinovare più fabbriche in tutto il territorio di Porto Ferraio ho riconosciuto che tutta la parte bassa, o pianura della Città di Cosmopoli, o Porto Ferraio era stata abitata anche al tempo de’ Gentili, o fosse una terra, o città separata da Albizach, ovvero che parte di quelli abitatori, separatamente si ricoverassero quivi; insomma chiamata in oggi della Linguella dalla torre fino al Bastione de Pagliai, che resta sotto la Fortezza Stella, si sono riconosciute et anche in oggi si vedono vestigie, muri, grotte, e sotterranei antichi. Tutto il piano contiguo à Porta di Mare e per tutta la strada di Porta di Terra, il circuito attorno alla Piazza d’Arme, per tutto in occasione di fabbricare si è trovo muri, e vestigie antiche.

Mentre si fecero due cappelle contigue alla Pieve et il novo campanile nell’escavattioni di queste fabbriche seguite l’anno 1699 si ritrovorno non solo antichissimi fondamenti ma condotti di pionbo sotto il terreno circa tre braccia. All’estremità della piazza suddetta in tempo che comandava il Signore Barone Alessandro del Nero hebbi l’onore di fabbricare una gran cisterna per la quale si fece un escavattione assai fonda; et in tall’ occasione ritrovai muri, pavimenti, e piani simili a quelli della Linguella; si che non si mette in dubbio, che per tutto il pano della città, non fossero abitattioni. Ma di più dirò che volendo resarcire le cisterne sotto il Carmine, ove principia le colline anche in questo luogo si sono ritrove fabbriche antiche. E per che vi è qualche autore, che dimostra esser stato stile dell’antichi Gentili il sotterrar separatamente i corpi morti, si sono ritrovi due campi pieni di sepolcri murati la maggior parte, e parte interrati con semplici mattoni, e muri assecco, in forma di casse, che uno nel piano de Mulini a vento, e parte ove in oggi sono i granari; de quali sepolcri si parlerà in appresso più diffusamente.

Albizzach, o Ferrato metropoli detto Le Grotte

Credesi che questa fosse la metropoli di tutta l’Isola, poi che in altro luogo non si ritrovano vestigie d’abitattioni più belle, e più grandi, come anche di circuito maggiore; et è verisimile per il comodo del porto, non essendovi il maggiore, e magnifico né più aggiustato dalla natura; attorno del quale sono le pianure, che in oggi chiamano d’Albereto, luogo fertile, del Scotto, di S. Martino, di S. Giovanni, de Stiopparelli, de Magazzini, del Ottone, e di Bagniaia, quali maggiori e quali minori; ma in somma che in altra parte non sono; le quali tutte danno comodo a chiunque abitava quel territorio per vivere con sodisfattione, et opulenza.

[nella foto il piano della città romana di Porto Argo, ricostruito da me deducendolo dal testo di Sarri e da un disegno di Orlanda Pancrazzi e Silvia Ducci pubblicato in Ville e giardini romani all’isola d’Elba, del 1966]

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